Da almeno vent’anni, da quando la Resource Based View ha fatto il suo ingresso negli studi di Strategic Management, la disponibilità delle risorse per le imprese attrae l’attenzione di ricercatori di numerose discipline, nonché quella dei manager incaricati della loro gestione. Tale interesse si spiega in virtù della criticità delle risorse quale fonte essenziale del vantaggio competitivo delle imprese. Gli antecedenti del successo di mercato, infatti, si rintracciano tanto nell’ambiente in cui le imprese operano quanto nel patrimonio di risorse posseduto dalle imprese al loro interno o al quale esse hanno accesso. E’ così che la tutela e lo sviluppo di questo patrimonio diventano una responsabilità imprescindibile per i manager interessati a raggiungere performance aziendali positive (Bertoli, Busacca e Costabile 2000). Le pratiche commerciali sleali costituiscono quindi una potenziale minaccia per le imprese e la loro dotazione di risorse, i cui effetti sono in grado di ripercuotersi tanto nel presente quanto, soprattutto, nel futuro delle imprese colpite. Conseguentemente, ogni tentativo di limitare il fenomeno, come appunto la direttiva europea sulle pratiche commerciali sleali, assume i contorni di un contributo rilevante per la difesa della sana concorrenza, stimolo allo sviluppo delle imprese, ma soprattutto dell’intera economia e degli attori che vi partecipano, non ultimi i consumatori. Il compito che qui si affronta è capire se e fino a che punto tale intento sia effettivamente raggiunto, o se invece l’efficacia dell’iniziativa risulti compromessa. L’obiettivo del presente contributo è dunque affrontare tale questione, adottando una prospettiva manageriale e non giurisprudenziale. In questa sede, non si vuole affrontare il tema in modo esaustivo, bensì fornire alcuni stimoli a una lettura di matrice manageriale all’impatto della direttiva sulle politiche di approccio al mercato delle imprese. A tal fine, le pagine che seguono sono articolate nel modo seguente: dapprima si presenteranno le risorse di fiducia e le loro caratteristiche, quale utile inquadramento per l’interpretazione delle pratiche commerciali sleali; la seconda sezione analizza le cause della vulnerabilità del consumatore, che giustificano un intervento di regolamentazione; successivamente si discute il contributo fornito dalla nuova direttiva nel ridurre la debolezza del consumatore e difendere le risorse di fiducia; infine, nell’ultima sezione, si presentano le questioni che restano tuttora irrisolte, e che meriterebbero future riflessioni.
Le pratiche commerciali sleali e le risorse di fiducia delle imprese: aspetti positivi e questioni irrisolte
ADDIS, MICHELA
2007
Abstract
Da almeno vent’anni, da quando la Resource Based View ha fatto il suo ingresso negli studi di Strategic Management, la disponibilità delle risorse per le imprese attrae l’attenzione di ricercatori di numerose discipline, nonché quella dei manager incaricati della loro gestione. Tale interesse si spiega in virtù della criticità delle risorse quale fonte essenziale del vantaggio competitivo delle imprese. Gli antecedenti del successo di mercato, infatti, si rintracciano tanto nell’ambiente in cui le imprese operano quanto nel patrimonio di risorse posseduto dalle imprese al loro interno o al quale esse hanno accesso. E’ così che la tutela e lo sviluppo di questo patrimonio diventano una responsabilità imprescindibile per i manager interessati a raggiungere performance aziendali positive (Bertoli, Busacca e Costabile 2000). Le pratiche commerciali sleali costituiscono quindi una potenziale minaccia per le imprese e la loro dotazione di risorse, i cui effetti sono in grado di ripercuotersi tanto nel presente quanto, soprattutto, nel futuro delle imprese colpite. Conseguentemente, ogni tentativo di limitare il fenomeno, come appunto la direttiva europea sulle pratiche commerciali sleali, assume i contorni di un contributo rilevante per la difesa della sana concorrenza, stimolo allo sviluppo delle imprese, ma soprattutto dell’intera economia e degli attori che vi partecipano, non ultimi i consumatori. Il compito che qui si affronta è capire se e fino a che punto tale intento sia effettivamente raggiunto, o se invece l’efficacia dell’iniziativa risulti compromessa. L’obiettivo del presente contributo è dunque affrontare tale questione, adottando una prospettiva manageriale e non giurisprudenziale. In questa sede, non si vuole affrontare il tema in modo esaustivo, bensì fornire alcuni stimoli a una lettura di matrice manageriale all’impatto della direttiva sulle politiche di approccio al mercato delle imprese. A tal fine, le pagine che seguono sono articolate nel modo seguente: dapprima si presenteranno le risorse di fiducia e le loro caratteristiche, quale utile inquadramento per l’interpretazione delle pratiche commerciali sleali; la seconda sezione analizza le cause della vulnerabilità del consumatore, che giustificano un intervento di regolamentazione; successivamente si discute il contributo fornito dalla nuova direttiva nel ridurre la debolezza del consumatore e difendere le risorse di fiducia; infine, nell’ultima sezione, si presentano le questioni che restano tuttora irrisolte, e che meriterebbero future riflessioni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.