Il libro affronta il tema dei limits of legal interpretation, particolarmente rilevante nel dibattito della Jurisprudence contemporanea. La definizione dei limiti dell’interpretazione costituisce infatti – nel contesto contemporaneo caratterizzato da una crescente indeterminatezza e vaghezza del diritto – uno snodo fondamentale per garantire la rule of law, e dunque il principio uguaglianza all’interno delle società democratiche. L’Autore analizza in primo luogo la struttura “grammaticale” (in Wittgenstein’s sense) del concetto di limite all’interno di una qualsiasi pratica d’uso del linguaggio. Questo concetto può assumere infatti due forme logiche distinte: quella della semplice negazione (A is’t B) oppure quella di una giudizio determinante negativo (A is not-B). Solo in quest’ultimo caso, tuttavia, il concetto di limite può acquistare una funzione teorica, vale a dire definire in negativo un ambito determinato entro cui collocare le interpretazioni che trattiamo come “corrette”, “buone”, “giuste” ecc. Sulla scorta di questa analisi “grammaticale”, il libro considera i vari modi in cui si dice il limite dell’interpretazione nella Jurisprudence contemporanea, al fine di vagliare se le diverse teorie del diritto e dell’interpretazione sono in grado di individuare i confini dell’attività discrezionale del giudice, per porre sotto controllo le sue decisioni. Il libro analizza in particolare la figura del limite tra interpretazione e applicazione del diritto, sviluppata dall’analytical jurisprudence di H. Hart e J. Raz: viene qui in luce il carattere non conclusivo di una teoria del linguaggio giuridico meramente convenzionalista, così come il problema di distinguere gli easy cases dagli hard cases indipendentemente da una loro interpretazione preventiva. Viene poi considerata la figura del limite tra interpretazione corretta e interpretazione errata, sviluppata dall’obbiettivismo interpretativo e dalle teorie del ragionamento giuridico (Alexy, McCormick, Aarnio, Peckzenik). L’Autore evidenzia qui le incongruenze della semantica formale tradizionale in ambito giuridico e i problemi che incontrano allo stesso tempo le teorie del legal reasoning nel ricondurre ad una comunità linguistica ideale i criteri di correttezza della decisione. Anche la figura del limite tra buona e cattiva interpretazione, sviluppata in particolare dalla new natural-law theory e da alcune correnti della legal hermenutics (Esser, Dworkin), non riesce a fornire una teoria convincente del limite dell’interpretazione. L’Autore sviluppa qui una critica sia nei confronti del moral realism sia dei tentativi di individuare il limite dell’interpretazione del giudice in un ethos comune, non concepibile entro le società pluralistiche contemporanee. Nel capitolo conclusivo, l’Autore propone quindi un diverso modo di intendere i limiti dell’interpretazione, che coniuga alcuni spunti provenienti dalla legal hermeneutics con il pragmatismo contemporaneo (R. Brandom, J. McDowell). Si tratta del limite tra implicit and explicit interpretation, basato su una concezione inferenziale del linguaggio giuridico. Questo approccio consente di risolvere molti problemi delle teorie precedenti, e di sviluppare una concezione del limite basata sulle conditions of assertibility dei suoi contenuti entro un contesto morale pluralista.

Forme del limite nell'interpretazione giudiziale

CANALE, DAMIANO
2003

Abstract

Il libro affronta il tema dei limits of legal interpretation, particolarmente rilevante nel dibattito della Jurisprudence contemporanea. La definizione dei limiti dell’interpretazione costituisce infatti – nel contesto contemporaneo caratterizzato da una crescente indeterminatezza e vaghezza del diritto – uno snodo fondamentale per garantire la rule of law, e dunque il principio uguaglianza all’interno delle società democratiche. L’Autore analizza in primo luogo la struttura “grammaticale” (in Wittgenstein’s sense) del concetto di limite all’interno di una qualsiasi pratica d’uso del linguaggio. Questo concetto può assumere infatti due forme logiche distinte: quella della semplice negazione (A is’t B) oppure quella di una giudizio determinante negativo (A is not-B). Solo in quest’ultimo caso, tuttavia, il concetto di limite può acquistare una funzione teorica, vale a dire definire in negativo un ambito determinato entro cui collocare le interpretazioni che trattiamo come “corrette”, “buone”, “giuste” ecc. Sulla scorta di questa analisi “grammaticale”, il libro considera i vari modi in cui si dice il limite dell’interpretazione nella Jurisprudence contemporanea, al fine di vagliare se le diverse teorie del diritto e dell’interpretazione sono in grado di individuare i confini dell’attività discrezionale del giudice, per porre sotto controllo le sue decisioni. Il libro analizza in particolare la figura del limite tra interpretazione e applicazione del diritto, sviluppata dall’analytical jurisprudence di H. Hart e J. Raz: viene qui in luce il carattere non conclusivo di una teoria del linguaggio giuridico meramente convenzionalista, così come il problema di distinguere gli easy cases dagli hard cases indipendentemente da una loro interpretazione preventiva. Viene poi considerata la figura del limite tra interpretazione corretta e interpretazione errata, sviluppata dall’obbiettivismo interpretativo e dalle teorie del ragionamento giuridico (Alexy, McCormick, Aarnio, Peckzenik). L’Autore evidenzia qui le incongruenze della semantica formale tradizionale in ambito giuridico e i problemi che incontrano allo stesso tempo le teorie del legal reasoning nel ricondurre ad una comunità linguistica ideale i criteri di correttezza della decisione. Anche la figura del limite tra buona e cattiva interpretazione, sviluppata in particolare dalla new natural-law theory e da alcune correnti della legal hermenutics (Esser, Dworkin), non riesce a fornire una teoria convincente del limite dell’interpretazione. L’Autore sviluppa qui una critica sia nei confronti del moral realism sia dei tentativi di individuare il limite dell’interpretazione del giudice in un ethos comune, non concepibile entro le società pluralistiche contemporanee. Nel capitolo conclusivo, l’Autore propone quindi un diverso modo di intendere i limiti dell’interpretazione, che coniuga alcuni spunti provenienti dalla legal hermeneutics con il pragmatismo contemporaneo (R. Brandom, J. McDowell). Si tratta del limite tra implicit and explicit interpretation, basato su una concezione inferenziale del linguaggio giuridico. Questo approccio consente di risolvere molti problemi delle teorie precedenti, e di sviluppare una concezione del limite basata sulle conditions of assertibility dei suoi contenuti entro un contesto morale pluralista.
2003
CEDAM
9788813247133
Canale, Damiano
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