Breve descrizione dei contenuti: Legge 262/2005 emanata in un momento di crisi internazionale, con l’obiettivo di tutelare il risparmio. Conferma del ruolo di primo piano, sostanzialmente espressivo e simbolico, dello strumento penale, in versione rigoristica, cui si affiancano ulteriori sanzioni amministrative, del pari severe. Non sembra comunque convincente il persistere dell’impiego del diritto penale, che non ha dato prova di efficienza in passato, né si presta alla valutazione attraverso approcci gius-economici. D’altra parte, nel settore in esame la sanzione penale rappresenta l’unico strumento utilizzabile, vista la scarsa efficacia dei rimedi civilistici, di meccanismi di autodisciplina e di suggestioni eticizzanti. Più precisamente, una volta svanito l’effetto deterrente della pena, è il procedimento penale in sé, attraverso misure cautelari e riverberi stigmatizzanti per gli inquisiti, a rivestire il ruolo di argine rispetto ai fenomeni di criminalità economica. Non mancano, poi, storture applicative da parte della magistratura, anche attraverso l’irrogazione di pene esemplari, come quelle irrazionalmente comminate dalla l. 262/2005. L’interrogativo di fondo concerne comunque la possibilità di considerare il risparmio come autonomo bene giuridico, meritevole di tutela penalistica. Al riguardo si possono manifestare non poche perplessità, a cominciare dalla definizione di tale concetto in ambito economico, quale componente del patrimonio, che andrebbe quindi preservata attraverso gli strumenti abitualmente deputati a proteggere quest’ultimo bene. Il carattere sistemico dei recenti fallimenti del mercato, unitamente al coinvolgimento diretto di moltissimi risparmiatori, che hanno abbandonato l’investimento in titoli di Stato a favore di operazioni più sofisticate e rischiose, rende tuttavia necessario riflettere circa la tutelabilità del risparmio, alla luce del dettato costituzionale. Le descritte trasformazioni sollevano delicate questioni sui meccanismi di governo dell’economia, in particolare per il conflitto di interessi e l’abuso di informazioni. Molto discutibili sono poi le prese di posizione giurisprudenziali, che poggiano su labili fondamenti teorici, a proposito delle posizioni di garanzia che le banche ricoprirebbero nei confronti del pubblico. Sul versante più strettamente penalistico, si segnala l’inserimento, nell’ipotesi di false comunicazioni sociali ex art. 2622 c.c., della circostanza aggravante speciale di nocumento al risparmio, inconsistente dal punto di vista dogmatico e tarata su indici di difficilissima verificazione, oltre che privi di razionalità. La ricerca di un nesso tra condotta ed evento porta a risultati inappaganti, risultando invece più proficuo concentrarsi sulla tutela di beni strumentali. La sciatteria del legislatore emerge anche rispetto alle sanzioni amministrative, pecuniarie e interdittive, destinate a sicura ineffettività. Molteplici dubbi di incostituzionalità, per violazione del canone di ragionevolezza, investono l’impianto normativo nel complesso, anche con riferimento alle sanzioni per violazione dei precetti dei codici di autoregolamentazione. L’introduzione della figura di dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili solleva non poche perplessità, sia per la natura dell’incarico che per le concrete modalità di attuazione, col risultato di aver creato una ulteriore e non necessaria posizione di garanzia. L’art. 2629-bis c.c., introdotto dalla l. 262/2005, sanziona penalmente il conflitto di interessi degli amministratori, ma, richiedendo la produzione di un danno per la società quale conseguenza della condotta, rischia di avere portata applicativa eccessivamente ed irragionevolmente limitata. In conclusione, la riflessione sul ruolo del diritto penale nel governo dell’economia porta a ribadirne l’indispensabilità, pur con l’esigenza di diversi indirizzi politico-criminali, dando spazio alla tutela di beni giuridici strumentali e ricorrendo al modello ingiunzionale.

Un esercizio di diritto penale simbolico: la c.d. tutela penale del risparmio

ALESSANDRI, ALBERTO
2007

Abstract

Breve descrizione dei contenuti: Legge 262/2005 emanata in un momento di crisi internazionale, con l’obiettivo di tutelare il risparmio. Conferma del ruolo di primo piano, sostanzialmente espressivo e simbolico, dello strumento penale, in versione rigoristica, cui si affiancano ulteriori sanzioni amministrative, del pari severe. Non sembra comunque convincente il persistere dell’impiego del diritto penale, che non ha dato prova di efficienza in passato, né si presta alla valutazione attraverso approcci gius-economici. D’altra parte, nel settore in esame la sanzione penale rappresenta l’unico strumento utilizzabile, vista la scarsa efficacia dei rimedi civilistici, di meccanismi di autodisciplina e di suggestioni eticizzanti. Più precisamente, una volta svanito l’effetto deterrente della pena, è il procedimento penale in sé, attraverso misure cautelari e riverberi stigmatizzanti per gli inquisiti, a rivestire il ruolo di argine rispetto ai fenomeni di criminalità economica. Non mancano, poi, storture applicative da parte della magistratura, anche attraverso l’irrogazione di pene esemplari, come quelle irrazionalmente comminate dalla l. 262/2005. L’interrogativo di fondo concerne comunque la possibilità di considerare il risparmio come autonomo bene giuridico, meritevole di tutela penalistica. Al riguardo si possono manifestare non poche perplessità, a cominciare dalla definizione di tale concetto in ambito economico, quale componente del patrimonio, che andrebbe quindi preservata attraverso gli strumenti abitualmente deputati a proteggere quest’ultimo bene. Il carattere sistemico dei recenti fallimenti del mercato, unitamente al coinvolgimento diretto di moltissimi risparmiatori, che hanno abbandonato l’investimento in titoli di Stato a favore di operazioni più sofisticate e rischiose, rende tuttavia necessario riflettere circa la tutelabilità del risparmio, alla luce del dettato costituzionale. Le descritte trasformazioni sollevano delicate questioni sui meccanismi di governo dell’economia, in particolare per il conflitto di interessi e l’abuso di informazioni. Molto discutibili sono poi le prese di posizione giurisprudenziali, che poggiano su labili fondamenti teorici, a proposito delle posizioni di garanzia che le banche ricoprirebbero nei confronti del pubblico. Sul versante più strettamente penalistico, si segnala l’inserimento, nell’ipotesi di false comunicazioni sociali ex art. 2622 c.c., della circostanza aggravante speciale di nocumento al risparmio, inconsistente dal punto di vista dogmatico e tarata su indici di difficilissima verificazione, oltre che privi di razionalità. La ricerca di un nesso tra condotta ed evento porta a risultati inappaganti, risultando invece più proficuo concentrarsi sulla tutela di beni strumentali. La sciatteria del legislatore emerge anche rispetto alle sanzioni amministrative, pecuniarie e interdittive, destinate a sicura ineffettività. Molteplici dubbi di incostituzionalità, per violazione del canone di ragionevolezza, investono l’impianto normativo nel complesso, anche con riferimento alle sanzioni per violazione dei precetti dei codici di autoregolamentazione. L’introduzione della figura di dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili solleva non poche perplessità, sia per la natura dell’incarico che per le concrete modalità di attuazione, col risultato di aver creato una ulteriore e non necessaria posizione di garanzia. L’art. 2629-bis c.c., introdotto dalla l. 262/2005, sanziona penalmente il conflitto di interessi degli amministratori, ma, richiedendo la produzione di un danno per la società quale conseguenza della condotta, rischia di avere portata applicativa eccessivamente ed irragionevolmente limitata. In conclusione, la riflessione sul ruolo del diritto penale nel governo dell’economia porta a ribadirne l’indispensabilità, pur con l’esigenza di diversi indirizzi politico-criminali, dando spazio alla tutela di beni giuridici strumentali e ricorrendo al modello ingiunzionale.
2007
9788824316927
AA.VV.
Studi per Federico Stella
Alessandri, Alberto
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