L’Autore comincia la propria disamina della nuova legge sulla reprografia con alcune premesse relative al contrasto, recentemente enucleatosi, tra la vecchia disciplina del diritto d’autore e i nuovi sviluppi tecnologici, che comportano aggressioni sempre più insidiose e diffuse. Tale situazione pone l’ordinamento giuridico di fronte alla necessità di un bilanciamento di interessi tra il valore della diffusione e circolazione delle creazioni intellettuali, da un lato, e la tutela dei diritti di esclusiva, dall’altro. Nell’ambito del diritto d’autore si sottolineano i margini di liceità costituiti dall’ “uso personale” una cui esemplificazione è rinvenibile nella nuove fattispecie che prevedono l’incriminazione della duplicazione abusiva solo se realizzata “a fine di lucro” (artt. 171-bis e 171-quater l.a.). La legge n. 156/1993 si inserisce nel processo di irrobustimento sanzionatorio proprio del diritto d’autore degli ultimi anni ma nel testo definitivo individua come strumento repressivo la sanzione amministrativa pecuniaria. Tale soluzione viene criticata in quanto non sembra tener conto della circolare della Presidenza del Consiglio, 19 dicembre 1983 (in tema di criteri per la scelta tra sanzioni penali e amministrative) e pone problemi di coordinamento con la previsione penale contenuta nell’art. 171 della legge d’autore. Da una disamina della nuova fattispecie, sanzionata in via amministrativa, un elemento peculiare consiste nel dolo specifico “fine di lucro” il cui ambito deve essere riconosciuto qualora la condotta vietata sia stata posta in essere nell’ambito di un’attività di tipo imprenditoriale, seppur rudimentale. La specificazione del dolo di lucro e la selezione della composizione grafica, quale oggetto materiale della condotta, rappresentano elementi specializzanti che consentono di delineare un rapporto di specialità rispetto alla normativa generale sul diritto d’autore. La scelta del mutamento nella previsione della sanzione penale a favore di quella amministrativa non intacca questa interpretazione ma muta il riferimento giuridico che non sarà l’art. 15 c.p. bensì l’art. 9 della legge 689/1981. Tale conclusione (già affermata dall’Autore in un articolo del 1993) viene giustificata con diversi argomenti interpretativi e ribadita anche di fronte ad interpretazioni differenti di parte della dottrina e della giurisprudenza, che utilizzano un criterio riduzionistico del principio di specialità per sancire il concorso reale tra la fattispecie penale e quella amministrativa ed addivenire così ad una repressione più rigorosa.

Reprografia

ALESSANDRI, ALBERTO
1997

Abstract

L’Autore comincia la propria disamina della nuova legge sulla reprografia con alcune premesse relative al contrasto, recentemente enucleatosi, tra la vecchia disciplina del diritto d’autore e i nuovi sviluppi tecnologici, che comportano aggressioni sempre più insidiose e diffuse. Tale situazione pone l’ordinamento giuridico di fronte alla necessità di un bilanciamento di interessi tra il valore della diffusione e circolazione delle creazioni intellettuali, da un lato, e la tutela dei diritti di esclusiva, dall’altro. Nell’ambito del diritto d’autore si sottolineano i margini di liceità costituiti dall’ “uso personale” una cui esemplificazione è rinvenibile nella nuove fattispecie che prevedono l’incriminazione della duplicazione abusiva solo se realizzata “a fine di lucro” (artt. 171-bis e 171-quater l.a.). La legge n. 156/1993 si inserisce nel processo di irrobustimento sanzionatorio proprio del diritto d’autore degli ultimi anni ma nel testo definitivo individua come strumento repressivo la sanzione amministrativa pecuniaria. Tale soluzione viene criticata in quanto non sembra tener conto della circolare della Presidenza del Consiglio, 19 dicembre 1983 (in tema di criteri per la scelta tra sanzioni penali e amministrative) e pone problemi di coordinamento con la previsione penale contenuta nell’art. 171 della legge d’autore. Da una disamina della nuova fattispecie, sanzionata in via amministrativa, un elemento peculiare consiste nel dolo specifico “fine di lucro” il cui ambito deve essere riconosciuto qualora la condotta vietata sia stata posta in essere nell’ambito di un’attività di tipo imprenditoriale, seppur rudimentale. La specificazione del dolo di lucro e la selezione della composizione grafica, quale oggetto materiale della condotta, rappresentano elementi specializzanti che consentono di delineare un rapporto di specialità rispetto alla normativa generale sul diritto d’autore. La scelta del mutamento nella previsione della sanzione penale a favore di quella amministrativa non intacca questa interpretazione ma muta il riferimento giuridico che non sarà l’art. 15 c.p. bensì l’art. 9 della legge 689/1981. Tale conclusione (già affermata dall’Autore in un articolo del 1993) viene giustificata con diversi argomenti interpretativi e ribadita anche di fronte ad interpretazioni differenti di parte della dottrina e della giurisprudenza, che utilizzano un criterio riduzionistico del principio di specialità per sancire il concorso reale tra la fattispecie penale e quella amministrativa ed addivenire così ad una repressione più rigorosa.
1997
9788802051833
AA.VV.
Digesto Discipline Penalistiche
Alessandri, Alberto
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