Principale obiettivo di questo articolo è supportare la tesi che, per ottenere la cooperazione dei consumatori dotati delle migliori conoscenze, ovvero delle conoscenze strategicamente più rilevanti rispetto agli obiettivi dell’impresa, quest’ultima debba ripensare la tradizionale logica economica con la quale è stata abituata ad affrontare il problema della personalizzazione del prodotto. In particolare, si sostiene che i consumatori in grado di ottenere prodotti maggiormente rispondenti alle loro specifiche esigenze, grazie alla condivisione della propria conoscenza contestuale con una specifica impresa, non dovrebbero pagare un premium price ogni qual volta per lo stesso prodotto esiste un mercato più vasto, che si estende ben oltre la singola relazione di consumo. In altre parole, si argomenta qui come tali consumatori cooperativi sotto il profilo cognitivo possano “pagare” parte del valore del bene acquistato con il proprio contributo di conoscenza. Sta poi all’impresa “reinvestire” un simile capitale cognitivo sul mercato allargato, generalmente composto da consumatori “free riders” sotto il profilo delle risorse di conoscenza. Più precisamente, l’impresa dovrebbe offrire prodotti dalle caratteristiche meglio in grado di rispondere alle esigenze dello specifico segmento di domanda, a prezzi tali da consentirle di recuperare i costi inizialmente sostenuti per fare emergere e trasferire il sapere contestuale di quei consumatori a elevato coinvolgimento qui definiti come “attivatori di nuova conoscenza”. L’implicazione che ne deriva pare rilevante: emerge, infatti, un nuovo mercato avente per oggetto le risorse di conoscenza tacita del consumatore; diviene quindi necessario sviluppare nuove metriche per misurare la “quota di mercato” al suo interno detenuta dai singoli competitors. Nell’intento di meglio esplorare le origini di un simile mercato, il presente articolo è stato articolato in quattro sezioni principali. Nella prima viene approfondita la nozione di conoscenza come “relazione di condivisione” tra gli individui e i gruppi che detengono la stessa. Poste tali premesse di carattere concettuale, la seconda parte del lavoro è dedicata alla definizione della ricorrente espressione “customer knowledge management”, analizzando il ruolo giocato dalla conoscenza tacita del consumatore quale potenziale fonte di vantaggio competitivo. Nel terzo paragrafo il concetto viene ulteriormente articolato, individuando criteri utili a identificare i consumatori “attivatori di nuova conoscenza” e gli incentivi piu’ appropriati per motivare gli stessi a condividere il proprio prezioso sapere contestuale con l’impresa. Conclude il lavoro una riflessione sul nuovo comportamento che la funzione di domanda potrebbe assumere nell’ambito di questo “mercato della conoscenza tacita”.
Fare leverage sulla conoscenza tacita dei consumatori: Verso una nuova economia cognitiva
PRANDELLI, EMANUELA
2000
Abstract
Principale obiettivo di questo articolo è supportare la tesi che, per ottenere la cooperazione dei consumatori dotati delle migliori conoscenze, ovvero delle conoscenze strategicamente più rilevanti rispetto agli obiettivi dell’impresa, quest’ultima debba ripensare la tradizionale logica economica con la quale è stata abituata ad affrontare il problema della personalizzazione del prodotto. In particolare, si sostiene che i consumatori in grado di ottenere prodotti maggiormente rispondenti alle loro specifiche esigenze, grazie alla condivisione della propria conoscenza contestuale con una specifica impresa, non dovrebbero pagare un premium price ogni qual volta per lo stesso prodotto esiste un mercato più vasto, che si estende ben oltre la singola relazione di consumo. In altre parole, si argomenta qui come tali consumatori cooperativi sotto il profilo cognitivo possano “pagare” parte del valore del bene acquistato con il proprio contributo di conoscenza. Sta poi all’impresa “reinvestire” un simile capitale cognitivo sul mercato allargato, generalmente composto da consumatori “free riders” sotto il profilo delle risorse di conoscenza. Più precisamente, l’impresa dovrebbe offrire prodotti dalle caratteristiche meglio in grado di rispondere alle esigenze dello specifico segmento di domanda, a prezzi tali da consentirle di recuperare i costi inizialmente sostenuti per fare emergere e trasferire il sapere contestuale di quei consumatori a elevato coinvolgimento qui definiti come “attivatori di nuova conoscenza”. L’implicazione che ne deriva pare rilevante: emerge, infatti, un nuovo mercato avente per oggetto le risorse di conoscenza tacita del consumatore; diviene quindi necessario sviluppare nuove metriche per misurare la “quota di mercato” al suo interno detenuta dai singoli competitors. Nell’intento di meglio esplorare le origini di un simile mercato, il presente articolo è stato articolato in quattro sezioni principali. Nella prima viene approfondita la nozione di conoscenza come “relazione di condivisione” tra gli individui e i gruppi che detengono la stessa. Poste tali premesse di carattere concettuale, la seconda parte del lavoro è dedicata alla definizione della ricorrente espressione “customer knowledge management”, analizzando il ruolo giocato dalla conoscenza tacita del consumatore quale potenziale fonte di vantaggio competitivo. Nel terzo paragrafo il concetto viene ulteriormente articolato, individuando criteri utili a identificare i consumatori “attivatori di nuova conoscenza” e gli incentivi piu’ appropriati per motivare gli stessi a condividere il proprio prezioso sapere contestuale con l’impresa. Conclude il lavoro una riflessione sul nuovo comportamento che la funzione di domanda potrebbe assumere nell’ambito di questo “mercato della conoscenza tacita”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.