Una questione settentrionale esiste, ed è oggi seria più che mai, per la concomitanza di due elementi, entrambi strutturali, che modificano defitivamente il modo di guardare allo sviluppo del nostro Paese. Da un lato, si è chiusa, ormai da tempo, un’epoca: quella dello sviluppo spontaneo che ha segnato positivamente i ruggenti anni ‘60 e una buona parte degli anni ‘80. Dall’altro, esiste oggi un’emergenza crescita a livello micro e macroeconomico: l’Italia cresce meno degli altri grandi Paesi europei. La questione settentrionale, dunque, è economica – come rimettere in moto lo sviluppo del Paese, a partire dal Nord – e il presente capitolo sviluppa e argomenta questa tesi dal punto di vista dell’economia, in particolare dell’economia territoriale. In questo si sostanzia la “questione settentrionale”: far funzionare il sistema perché produca buoni beni pubblici territoriali – i local collective competition goods – che consentano di rimettere in modo l’accumulazione privata e la competizione internazionale. Se questa è la questione di fondo, essa si sostanzia e si declina in una terna di problemi rispetto ai quali non esistono né risposte univoche, né risposte semplici. Tali problemi sono: 1. qualità e produttività dei servizi pubblici (dallo snellimento burocratico, alla giustizia civile; dalla formazione, alla sanità; dall’efficienza della politica, alla meritocrazia); 2. dimensionamento ed efficienza delle reti infrastrutturali qui intese nella loro più ampia accezione: accessibilità e mobilità di persone, merci, ed informazioni, ma anche reti energetiche e reti finanziarie; 3. un sistema di governance multilivello coerente con l’efficacia dei processi decisionali (la sindrome nimby è più che mai radicata nel bel Paese).
La questione settentrionale: una lettura in chiave economico territoriale
BRAMANTI, ALBERTO
2010
Abstract
Una questione settentrionale esiste, ed è oggi seria più che mai, per la concomitanza di due elementi, entrambi strutturali, che modificano defitivamente il modo di guardare allo sviluppo del nostro Paese. Da un lato, si è chiusa, ormai da tempo, un’epoca: quella dello sviluppo spontaneo che ha segnato positivamente i ruggenti anni ‘60 e una buona parte degli anni ‘80. Dall’altro, esiste oggi un’emergenza crescita a livello micro e macroeconomico: l’Italia cresce meno degli altri grandi Paesi europei. La questione settentrionale, dunque, è economica – come rimettere in moto lo sviluppo del Paese, a partire dal Nord – e il presente capitolo sviluppa e argomenta questa tesi dal punto di vista dell’economia, in particolare dell’economia territoriale. In questo si sostanzia la “questione settentrionale”: far funzionare il sistema perché produca buoni beni pubblici territoriali – i local collective competition goods – che consentano di rimettere in modo l’accumulazione privata e la competizione internazionale. Se questa è la questione di fondo, essa si sostanzia e si declina in una terna di problemi rispetto ai quali non esistono né risposte univoche, né risposte semplici. Tali problemi sono: 1. qualità e produttività dei servizi pubblici (dallo snellimento burocratico, alla giustizia civile; dalla formazione, alla sanità; dall’efficienza della politica, alla meritocrazia); 2. dimensionamento ed efficienza delle reti infrastrutturali qui intese nella loro più ampia accezione: accessibilità e mobilità di persone, merci, ed informazioni, ma anche reti energetiche e reti finanziarie; 3. un sistema di governance multilivello coerente con l’efficacia dei processi decisionali (la sindrome nimby è più che mai radicata nel bel Paese).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.