La trattazione prende le mosse dalla considerazione che dalla predisposizione di autorità di vigilanza e controllo, come “luogo” nel quale dovrebbero trovare anticipata soluzione le situazioni conflittuali, sorgono per il penalista categorie nuove di “beni” quando si voglia far ricorso alla sanzione penale: beni il cui carattere “strumentale” è parallelo al carattere strumentale della vigilanza. Sinteticamente ricostruito il frastagliato panorama normativo antecedente la riforma, caratterizzato da una sempre più accentuata disomogeneità, con una gamma di sanzioni penali ed amministrative variamente ed irragionevolmente assortite, si rileva come fosse emersa, anche nei lavori della commissione Mirone, un’obiettiva esigenza di armonizzazione e razionalizzazione. Il Legislatore della riforma è intervenuto formulando un’ipotesi generale di “ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza”, severamente sanzionata (rispetto alla complessiva mitezza della riforma). Sul piano del bene protetto la fattispecie in parola si distacca dalle movenze complessive dell’intervento riformatore: in essa non vi è invero alcuna traccia di interessi patrimoniali, essendo la direttrice di tutela caratterizzata nel senso di rivolgersi ad oggettività di tipo strumentale o istituzionale. Il contributo è dedicato all’analisi della fattispecie, che contempla due ipotesi differenziate. La condotta descritta nel primo comma segue lo schema delle previgenti figure di falsità a Consob e Banca d’Italia, con alcune modifiche che riprendono la novellata fattispecie di false comunicazioni sociali. La direzione di tutela è espressa in questo caso dalla previsione del dolo specifico di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza. Il nodo preliminare, rileva L’autore, è quello di delimitare il concetto -potenzialmente impreciso - di Autorità pubbliche di vigilanza: la soluzione proposta, nel senso del rilievo delle sole autorità che abbiano tra i propri scopi istituzionali quello di esercitare una vigilanza di tipo ispettivo su determinate fasi o momenti di attività dei soggetti sottoposti (con esclusione quindi delle autorità cui siano attribuiti compiti di mera “regolazione” dell’attività, soprattutto in tema di tariffe) non sembra fugare del tutto i profili di problematica riconduzione nell’alveo della necessaria determinatezza della fattispecie, consigliando l’adozione di letture restrittive della norma. La condotta descritta nel secondo comma è costituita dall’attività di mero ostacolo “in qualsiasi forma”, caratterizzandosi - a parità di sanzione - quale ipotesi generale rispetto a quella del primo comma, con la quale, peraltro mostra la spiccata tendenza a sovrapporsi. A fronte delle difficoltà di definizione della condotta di ostacolo, l’equiparazione, sul piano della sanzione e - quindi - del disvalore, all’ipotesi del primo comma, dovrebbe indurre l’interprete a ricercare nelle ipotesi concrete un ostacolo non momentaneo e non irrilevante alle attività di vigilanza. Il contributo si chiude, infine, con un catalogo delle abrogazioni e dei problemi di coordinamento da esse generati.

Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

ALESSANDRI, ALBERTO
2002

Abstract

La trattazione prende le mosse dalla considerazione che dalla predisposizione di autorità di vigilanza e controllo, come “luogo” nel quale dovrebbero trovare anticipata soluzione le situazioni conflittuali, sorgono per il penalista categorie nuove di “beni” quando si voglia far ricorso alla sanzione penale: beni il cui carattere “strumentale” è parallelo al carattere strumentale della vigilanza. Sinteticamente ricostruito il frastagliato panorama normativo antecedente la riforma, caratterizzato da una sempre più accentuata disomogeneità, con una gamma di sanzioni penali ed amministrative variamente ed irragionevolmente assortite, si rileva come fosse emersa, anche nei lavori della commissione Mirone, un’obiettiva esigenza di armonizzazione e razionalizzazione. Il Legislatore della riforma è intervenuto formulando un’ipotesi generale di “ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza”, severamente sanzionata (rispetto alla complessiva mitezza della riforma). Sul piano del bene protetto la fattispecie in parola si distacca dalle movenze complessive dell’intervento riformatore: in essa non vi è invero alcuna traccia di interessi patrimoniali, essendo la direttrice di tutela caratterizzata nel senso di rivolgersi ad oggettività di tipo strumentale o istituzionale. Il contributo è dedicato all’analisi della fattispecie, che contempla due ipotesi differenziate. La condotta descritta nel primo comma segue lo schema delle previgenti figure di falsità a Consob e Banca d’Italia, con alcune modifiche che riprendono la novellata fattispecie di false comunicazioni sociali. La direzione di tutela è espressa in questo caso dalla previsione del dolo specifico di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza. Il nodo preliminare, rileva L’autore, è quello di delimitare il concetto -potenzialmente impreciso - di Autorità pubbliche di vigilanza: la soluzione proposta, nel senso del rilievo delle sole autorità che abbiano tra i propri scopi istituzionali quello di esercitare una vigilanza di tipo ispettivo su determinate fasi o momenti di attività dei soggetti sottoposti (con esclusione quindi delle autorità cui siano attribuiti compiti di mera “regolazione” dell’attività, soprattutto in tema di tariffe) non sembra fugare del tutto i profili di problematica riconduzione nell’alveo della necessaria determinatezza della fattispecie, consigliando l’adozione di letture restrittive della norma. La condotta descritta nel secondo comma è costituita dall’attività di mero ostacolo “in qualsiasi forma”, caratterizzandosi - a parità di sanzione - quale ipotesi generale rispetto a quella del primo comma, con la quale, peraltro mostra la spiccata tendenza a sovrapporsi. A fronte delle difficoltà di definizione della condotta di ostacolo, l’equiparazione, sul piano della sanzione e - quindi - del disvalore, all’ipotesi del primo comma, dovrebbe indurre l’interprete a ricercare nelle ipotesi concrete un ostacolo non momentaneo e non irrilevante alle attività di vigilanza. Il contributo si chiude, infine, con un catalogo delle abrogazioni e dei problemi di coordinamento da esse generati.
2002
9788821716409
AA. VV. a cura di A. Alessandri
Il nuovo diritto penale delle società. D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61
Alessandri, Alberto
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11565/1554591
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