L’Autore commenta le sanzioni penali presenti nel d. lgs. 518/1992, che ha attuato la direttiva 91/250/CEE relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore. L’A. rileva inizialmente come lo sviluppo delle tecnologie pone un problema di tutela al legislatore. L’interprete di fronte a fattispecie risalenti che non potevano contemplare i nuovi strumenti informatici si muove tra la valutazione dell’elasticità di tali previsioni e il rispetto del principio di tassatività. Il legislatore dal canto suo si è mosso in modo disorganico, con interventi specifici e “urgenti”, in assenza di un disegno unitario. Unico filo conduttore degli interventi legislativi intercorsi è forse la circostanza che tutti vanno a tutelare gli interessi dei produttori della tecnologia, e mai degli utilizzatori della stessa. Sembrano dunque prevalere le ragioni della proprietà intellettuale piuttosto che quelle dei titolari delle informazioni che circolano grazie ai mezzi informatici. Il diritto penale del software è costruito in senso marcatamente sanzionatorio della disciplina civilistica. Il legislatore – con l’inserimento dell’art. 171-bis nella l.a. – ha scelto di tutelare il software nell’alveo del diritto d’autore. La scelta, pur in passato discussa e criticata da autorevole dottrina, non è più discutibile a seguito della netta presa di posizione in questo senso dell’Europa con la direttiva 91/250. Nonostante tale direttiva non richiedesse al legislatore di intervenire necessariamente con lo strumento penalistico, l’opzione legislativa è andata in questo senso. La scelta è criticabile, anche perché finisce col tutelare mediante l’art. 171-bis condotte molto variegate con la stessa intensità, senza che vi sia stata una riflessione meditata sull’effettività della sanzione penale in questo campo. La tutela del fornitore o produttore di software è molto ampia, mentre il fruitore del software sembra completamente dimenticato. L’A. passa quindi ad illustrare le diverse fattispecie contenute nel nuovo art. 171-bis. Quanto alla prima, abusiva duplicazione di programmi per elaboratori a fini di lucro, l’A. segnala che l’oggetto materiale della condotta, ricavabile attraverso i primi articoli del d. lgs. 518, è molto generico e crea quindi problemi di determinatezza. Riguardo alla condotta, questa appare incentrata sulla copiatura; connotano poi la fattispecie alcuni elementi normativi: anzitutto il programma per essere tutelabile dev’essere originale, in secondo luogo è presente l’avverbio “abusivamente”, formula quest’ultima caratteristica della cd. illiceità speciale e che quindi rimanda alla trama civilistica di riferimento. Quanto all’elemento soggettivo è presente il dolo specifico del fine di lucro, l’uso del dolo specifico rischia di conferire all’illecito una connotazione fortemente soggettiva e di esporsi ad accertamenti del tutto elusivi in sede probatoria. Quando all’ulteriore ipotesi contemplata nella prima parte dell’art. 171-bis l’Autore sottolinea in particolare l’insidiosità della formula “avendo motivo di sapere” (che si tratta di copie non autorizzate): in una figura dolosa, e più in particolare a dolo specifico, non dovrebbe esservi spazio che per l’effettiva conoscenza, un inciso di questo tipo sembra prestarsi a facili scorciatoie presuntive. La seconda parte dell’art. 171-bis si connota per una grossolana riproduzione del testo della direttiva europea (art. 7), che rende incerta la descrizione del tipo legale. L’A. dedica infine alcuni cenni alle circostanze aggravanti, che complessivamente si connotano per una certa irrazionalità.

Commento alle norme penalistiche contenute nel d. lgs. n. 518 del 1992

ALESSANDRI, ALBERTO
1994

Abstract

L’Autore commenta le sanzioni penali presenti nel d. lgs. 518/1992, che ha attuato la direttiva 91/250/CEE relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore. L’A. rileva inizialmente come lo sviluppo delle tecnologie pone un problema di tutela al legislatore. L’interprete di fronte a fattispecie risalenti che non potevano contemplare i nuovi strumenti informatici si muove tra la valutazione dell’elasticità di tali previsioni e il rispetto del principio di tassatività. Il legislatore dal canto suo si è mosso in modo disorganico, con interventi specifici e “urgenti”, in assenza di un disegno unitario. Unico filo conduttore degli interventi legislativi intercorsi è forse la circostanza che tutti vanno a tutelare gli interessi dei produttori della tecnologia, e mai degli utilizzatori della stessa. Sembrano dunque prevalere le ragioni della proprietà intellettuale piuttosto che quelle dei titolari delle informazioni che circolano grazie ai mezzi informatici. Il diritto penale del software è costruito in senso marcatamente sanzionatorio della disciplina civilistica. Il legislatore – con l’inserimento dell’art. 171-bis nella l.a. – ha scelto di tutelare il software nell’alveo del diritto d’autore. La scelta, pur in passato discussa e criticata da autorevole dottrina, non è più discutibile a seguito della netta presa di posizione in questo senso dell’Europa con la direttiva 91/250. Nonostante tale direttiva non richiedesse al legislatore di intervenire necessariamente con lo strumento penalistico, l’opzione legislativa è andata in questo senso. La scelta è criticabile, anche perché finisce col tutelare mediante l’art. 171-bis condotte molto variegate con la stessa intensità, senza che vi sia stata una riflessione meditata sull’effettività della sanzione penale in questo campo. La tutela del fornitore o produttore di software è molto ampia, mentre il fruitore del software sembra completamente dimenticato. L’A. passa quindi ad illustrare le diverse fattispecie contenute nel nuovo art. 171-bis. Quanto alla prima, abusiva duplicazione di programmi per elaboratori a fini di lucro, l’A. segnala che l’oggetto materiale della condotta, ricavabile attraverso i primi articoli del d. lgs. 518, è molto generico e crea quindi problemi di determinatezza. Riguardo alla condotta, questa appare incentrata sulla copiatura; connotano poi la fattispecie alcuni elementi normativi: anzitutto il programma per essere tutelabile dev’essere originale, in secondo luogo è presente l’avverbio “abusivamente”, formula quest’ultima caratteristica della cd. illiceità speciale e che quindi rimanda alla trama civilistica di riferimento. Quanto all’elemento soggettivo è presente il dolo specifico del fine di lucro, l’uso del dolo specifico rischia di conferire all’illecito una connotazione fortemente soggettiva e di esporsi ad accertamenti del tutto elusivi in sede probatoria. Quando all’ulteriore ipotesi contemplata nella prima parte dell’art. 171-bis l’Autore sottolinea in particolare l’insidiosità della formula “avendo motivo di sapere” (che si tratta di copie non autorizzate): in una figura dolosa, e più in particolare a dolo specifico, non dovrebbe esservi spazio che per l’effettiva conoscenza, un inciso di questo tipo sembra prestarsi a facili scorciatoie presuntive. La seconda parte dell’art. 171-bis si connota per una grossolana riproduzione del testo della direttiva europea (art. 7), che rende incerta la descrizione del tipo legale. L’A. dedica infine alcuni cenni alle circostanze aggravanti, che complessivamente si connotano per una certa irrazionalità.
1994
9788814052668
AA.VV. A CURA DI L.C. UBERTAZZI
La legge sul software (quaderni di AIDA)
Alessandri, Alberto
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