Dopo le sentenze del Tribunale di Milano e di Brescia dei mesi scorsi, annotiamo ora una nuova pronuncia, sempre di merito, che è intervenuta in un caso di fecondazione assistita di tipo eterologo e contestuale maternità surrogata (c.d. utero in affitto) seguendo un percorso argomentativo nuovo che tiene conto dei principi recentemente affermati della Cote europea dei diritti dell'uomo in punto di maternità surrogata. In questo caso il Tribunale di Varese non solo ha negato la possibilità di configurare il reato di alterazione di stato (art. 567 co. 2 c.p.) quando l'atto di nascita sia stato formato validamente all'estero nel rispetto della legge del Paese dove il bambino è nato (principio già affermato da Trib. Milano, Sez. V pen., 15 ottobre 2013; nonché Trib. Milano, 8 aprile 2014, G.u.p. Mastrangelo), ma ha altresì escluso che la condotta di chi rende dichiarazioni mendaci sull'identità, lo stato o altre qualità del minore, in epoca successiva alla formazione dell'atto di nascita, per ottenerne il riconoscimento in Italia, possa integrare il meno grave reato di falsa attestazione o dichiarazione su qualità personali (art. 495 co. 2 n. 1 c.p.). In particolare, il Tribunale ha affermato che tale condotta non può cagionare alcun nocumento al bene giuridico tutelato dalla norma penale perché, a seguito delle pronunce della Corte EDU nei casi Mennesson e Labassee, lo Stato è in ogni caso tenuto a riconoscere valore giuridico al rapporto di parentela, validamente formatosi in un Paese estero, tra l'uomo e la donna che hanno fatto ricorso alla maternità surrogata e il bambino nato dalla donna che ha messo a disposizione il proprio utero per portare a termine la gravidanza.

Maternità surrogata all’estero e responsabilità penale: il dibattito prosegue con una sentenza del Tribunale di Varese che si adegua ai principi espressi dalla Corte EDU e assolve gli imputati

Trinchera, Tommaso
2014

Abstract

Dopo le sentenze del Tribunale di Milano e di Brescia dei mesi scorsi, annotiamo ora una nuova pronuncia, sempre di merito, che è intervenuta in un caso di fecondazione assistita di tipo eterologo e contestuale maternità surrogata (c.d. utero in affitto) seguendo un percorso argomentativo nuovo che tiene conto dei principi recentemente affermati della Cote europea dei diritti dell'uomo in punto di maternità surrogata. In questo caso il Tribunale di Varese non solo ha negato la possibilità di configurare il reato di alterazione di stato (art. 567 co. 2 c.p.) quando l'atto di nascita sia stato formato validamente all'estero nel rispetto della legge del Paese dove il bambino è nato (principio già affermato da Trib. Milano, Sez. V pen., 15 ottobre 2013; nonché Trib. Milano, 8 aprile 2014, G.u.p. Mastrangelo), ma ha altresì escluso che la condotta di chi rende dichiarazioni mendaci sull'identità, lo stato o altre qualità del minore, in epoca successiva alla formazione dell'atto di nascita, per ottenerne il riconoscimento in Italia, possa integrare il meno grave reato di falsa attestazione o dichiarazione su qualità personali (art. 495 co. 2 n. 1 c.p.). In particolare, il Tribunale ha affermato che tale condotta non può cagionare alcun nocumento al bene giuridico tutelato dalla norma penale perché, a seguito delle pronunce della Corte EDU nei casi Mennesson e Labassee, lo Stato è in ogni caso tenuto a riconoscere valore giuridico al rapporto di parentela, validamente formatosi in un Paese estero, tra l'uomo e la donna che hanno fatto ricorso alla maternità surrogata e il bambino nato dalla donna che ha messo a disposizione il proprio utero per portare a termine la gravidanza.
2014
Trinchera, Tommaso
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