Nel 1982 si affermava che le discipline manageriali hanno un effetto limitato sul funzionamento delle organizzazioni (Beyer, 1982), nel 2001 il presidente dell’Academy of Management, la più prestigiosa istituzione accademica internazionale, nel discorso alla riunione annuale, usò questa espressione, “we have a problem”, per indicare che “the gulf between the science and practice of management is widening. There is growing criticism that findings from academic and consulting studies are not useful for practitioners”. Trent’anni dopo l’articolo di Beyer, il tema viene riproposto essenzialmente negli stessi termini (Mesny e Mailhot, 2012), e la situazione sembra essere perfino più grave, come dimostra il fatto che nel 2007 l’Academy of Management Journal dedicò un numero speciale alla questione. Com’è possibile che in trent’anni il problema non sia stato né definito compiutamente né tantomeno risolto? E’ vero che ci sono esempi di ricerche sia rigorose sia rilevanti sotto il profilo manageriale, ma appunto di eccezioni si tratta, che tali rimangono. Gli accademici non si rivolgono ai manager per avere ispirazione per le proprie ricerche e i manager non chiedono agli accademici teorie per elaborare modelli e strategie. La questione dell’irrilevanza è così dibattuta e controversa che oggi può diventare un limite allo sviluppo degli studi nel campo del management, anche per la scarsa disponibilità delle imprese ad impegnarsi nel sostegno a ricerche ritenute inutili. Evidentemente il problema non è eliminabile con semplici appelli, quali la richiesta di uno stile di scrittura più coerente con le esigenze dei manager (Hodgkinson, 2001), o il richiamo a una ricerca su temi più rilevanti o l’auspicio di maggiore collaborazione tra ricercatori e manager. La tesi che intendo qui sostenere, quando viene affermata pubblicamente nei seminari e nei workshop dedicati a questo tema, suscita stranamente grande insofferenza nei ricercatori, specialmente in quelli che ritengono di produrre una ricerca rilevante. La tesi è che la questione della rilevanza non è stata risolta non per cattiva volontà o scarsa intelligenza dei ricercatori che svolgono una ricerca rigorosa, ma perché nella scienza vi è la necessità di una “chiusura” alle istanze esterne, e quindi anche al mondo manageriale, al di là della volontà dei singoli ricercatori o delle istituzioni universitarie. La chiusura a necessità esterne è, infatti, un connotato essenziale dell’attività scientifica, in qualunque campo. Prendere atto dell’inevitabilità di questa “chiusura” e dei suoi meccanismi consente di capire i modi per superare il gap. E la soluzione sta nel costruire un eco-sistema della ricerca e della pratica, che parta dal fatto che quello della irrilevanza non è solo un problema della comunità scientifica, ma anche del mondo delle imprese: all of us have a problem.
All of us have a problem: rilevanza e rigore nelle discipline manageriali
VICARI, SALVATORE
2013
Abstract
Nel 1982 si affermava che le discipline manageriali hanno un effetto limitato sul funzionamento delle organizzazioni (Beyer, 1982), nel 2001 il presidente dell’Academy of Management, la più prestigiosa istituzione accademica internazionale, nel discorso alla riunione annuale, usò questa espressione, “we have a problem”, per indicare che “the gulf between the science and practice of management is widening. There is growing criticism that findings from academic and consulting studies are not useful for practitioners”. Trent’anni dopo l’articolo di Beyer, il tema viene riproposto essenzialmente negli stessi termini (Mesny e Mailhot, 2012), e la situazione sembra essere perfino più grave, come dimostra il fatto che nel 2007 l’Academy of Management Journal dedicò un numero speciale alla questione. Com’è possibile che in trent’anni il problema non sia stato né definito compiutamente né tantomeno risolto? E’ vero che ci sono esempi di ricerche sia rigorose sia rilevanti sotto il profilo manageriale, ma appunto di eccezioni si tratta, che tali rimangono. Gli accademici non si rivolgono ai manager per avere ispirazione per le proprie ricerche e i manager non chiedono agli accademici teorie per elaborare modelli e strategie. La questione dell’irrilevanza è così dibattuta e controversa che oggi può diventare un limite allo sviluppo degli studi nel campo del management, anche per la scarsa disponibilità delle imprese ad impegnarsi nel sostegno a ricerche ritenute inutili. Evidentemente il problema non è eliminabile con semplici appelli, quali la richiesta di uno stile di scrittura più coerente con le esigenze dei manager (Hodgkinson, 2001), o il richiamo a una ricerca su temi più rilevanti o l’auspicio di maggiore collaborazione tra ricercatori e manager. La tesi che intendo qui sostenere, quando viene affermata pubblicamente nei seminari e nei workshop dedicati a questo tema, suscita stranamente grande insofferenza nei ricercatori, specialmente in quelli che ritengono di produrre una ricerca rilevante. La tesi è che la questione della rilevanza non è stata risolta non per cattiva volontà o scarsa intelligenza dei ricercatori che svolgono una ricerca rigorosa, ma perché nella scienza vi è la necessità di una “chiusura” alle istanze esterne, e quindi anche al mondo manageriale, al di là della volontà dei singoli ricercatori o delle istituzioni universitarie. La chiusura a necessità esterne è, infatti, un connotato essenziale dell’attività scientifica, in qualunque campo. Prendere atto dell’inevitabilità di questa “chiusura” e dei suoi meccanismi consente di capire i modi per superare il gap. E la soluzione sta nel costruire un eco-sistema della ricerca e della pratica, che parta dal fatto che quello della irrilevanza non è solo un problema della comunità scientifica, ma anche del mondo delle imprese: all of us have a problem.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.