Nel testo l’Autrice si sofferma ad analizzare i profili di interesse della fattispecie di cui all’art. 2636 c.c. che incrimina l’illecita influenza sulla formazione della maggioranza assembleare. Tale figura di reato, introdotta nel codice civile dall’art. 1 del d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61, vede quale antecedente normativo l’art. 2630 c.c. che, sotto la rubrica “violazione degli obblighi incombenti sugli amministratori” puniva svariati ed eterogenei comportamenti tra cui, al comma 1, n. 3, l’illecito influsso sulla formazione della maggioranza assembleare.Il legislatore della riforma, facendo proprie le scelte politico-criminali del c.d. “Progetto Mirone” [cfr. art. 10, co 1°, lett. a, n. 14, d.d.l. n. 7123/2000, in Riv. Soc. 2000, 22, «indebita influenza sull’assemblea consistente nel fatto di chi, con atti simulati o con frode, determina la maggioranza in assemblea, allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto: prevedere la pena della reclusione da sei mesi a tre anni»], è intervenuto sulla previgente disposizione in modo sostanziale mutandone significativamente i tratti. Sotto il profilo soggettivo si è passati da un reato proprio degli amministratori ad un reato comune. Quanto alla struttura della fattispecie sono state precisate le modalità della condotta, così da conferire all’ipotesi in esame maggior determinatezza. Ancora, è stato espressamente previsto l’evento lesivo di illecita determinazione della maggioranza assembleare come conseguenza della condotta sanzionata. Infine è stato introdotto il dolo specifico di ingiusto profitto per sé o per altri. La fattispecie in esame sanziona con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni la condotta di colui che, con atti simulati o fraudolenti, determina la maggioranza assembleare allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. Un'ultima notazione merita il livello sanzionatorio che, unito alla procedibilità d’ufficio, fa, della norma in esame, una delle fattispecie più severamente punite nel panorama dei reati societari. L’analisi sviluppata approfondisce la fattispecie sopra brevemente delineata valorizzando gli aspetti maggiormente dibattuti nella Law in action con l’obiettivo, dichiarato dai direttori del Trattato nella presentazione dell’opera, di esplicitare le correlazioni esistenti tra i problemi applicativi (la prassi) del diritto penale e le ragioni (la teoria) alla base delle relative soluzioni.

La tutela penale del corretto funzionamento degli organi sociali

MONTANI, ELEONORA
2012

Abstract

Nel testo l’Autrice si sofferma ad analizzare i profili di interesse della fattispecie di cui all’art. 2636 c.c. che incrimina l’illecita influenza sulla formazione della maggioranza assembleare. Tale figura di reato, introdotta nel codice civile dall’art. 1 del d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61, vede quale antecedente normativo l’art. 2630 c.c. che, sotto la rubrica “violazione degli obblighi incombenti sugli amministratori” puniva svariati ed eterogenei comportamenti tra cui, al comma 1, n. 3, l’illecito influsso sulla formazione della maggioranza assembleare.Il legislatore della riforma, facendo proprie le scelte politico-criminali del c.d. “Progetto Mirone” [cfr. art. 10, co 1°, lett. a, n. 14, d.d.l. n. 7123/2000, in Riv. Soc. 2000, 22, «indebita influenza sull’assemblea consistente nel fatto di chi, con atti simulati o con frode, determina la maggioranza in assemblea, allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto: prevedere la pena della reclusione da sei mesi a tre anni»], è intervenuto sulla previgente disposizione in modo sostanziale mutandone significativamente i tratti. Sotto il profilo soggettivo si è passati da un reato proprio degli amministratori ad un reato comune. Quanto alla struttura della fattispecie sono state precisate le modalità della condotta, così da conferire all’ipotesi in esame maggior determinatezza. Ancora, è stato espressamente previsto l’evento lesivo di illecita determinazione della maggioranza assembleare come conseguenza della condotta sanzionata. Infine è stato introdotto il dolo specifico di ingiusto profitto per sé o per altri. La fattispecie in esame sanziona con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni la condotta di colui che, con atti simulati o fraudolenti, determina la maggioranza assembleare allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. Un'ultima notazione merita il livello sanzionatorio che, unito alla procedibilità d’ufficio, fa, della norma in esame, una delle fattispecie più severamente punite nel panorama dei reati societari. L’analisi sviluppata approfondisce la fattispecie sopra brevemente delineata valorizzando gli aspetti maggiormente dibattuti nella Law in action con l’obiettivo, dichiarato dai direttori del Trattato nella presentazione dell’opera, di esplicitare le correlazioni esistenti tra i problemi applicativi (la prassi) del diritto penale e le ragioni (la teoria) alla base delle relative soluzioni.
2012
9788834817827
A. ALESSANDRI
I reati in materia economica, vol. VIII, Trattato teorico-paratico di diritto penale diretto da Palazzo e Paliero
Montani, Eleonora
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11565/3806896
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