Il sistema monetario europeo, da Carlomagno a Napoleone, è caratterizzato dalla distinzione fra misura del valore (moneta immaginaria) e mezzo di pagamento (moneta reale). In genere, questo è considerato retrospettivamente come un difetto del sistema, destinato a correggersi con il consolidamento del gold standard, ovvero con la definizione di un rapporto fisso tra unità di conto e peso di metallo fino. Tuttavia, un’attenta analisi delle fonti mostra che, fino alla Rivoluzione francese, non esiste un àmbito istituzionale che ponga in diretta relazione la moneta ideale col metallo. Il fulcro del sistema monetario d’antico regime è piuttosto il terzo termine: la moneta metallica. Un semplice sistema d’equazioni consente di descrivere, in uno spazio cartesiano tridimensionale, il rapporto della moneta reale con il metallo (il contenuto metallico, stabilito nella zecca) e con l’unità di conto (il valore numerario, stabilito dalla tariffa). Sono questi i piani che definiscono lo spazio di manovra dell’autorità monetaria, attraverso le mutazioni; mentre il rapporto fra moneta immaginaria e metallo (la parità) appare come la proiezione su un piano che diverrà operante solo col gold standard. Il modello consente di descrivere le mutazioni in maniera fedele e articolata, dando conto, in particolare, della distinzione fra alzamento (del valore in tariffa) e indebolimento (del contenuto metallico) della moneta – una distinzione perlopiù trascurata, che emerge tuttavia con chiarezza dagli scritti monetari dell’epoca e che ha implicazioni cruciali. La distinzione tra mezzo di scambio e misura del valore appare, non come un difetto, ma come la chiave di volta di un sistema monetario articolato, con diverse monete (immaginarie e reali, piccole e grosse) utilizzate in àmbiti di scambio diversi (locale e universale) secondo principi di giustizia differenti (distributiva e commutativa). In questa prospettiva, è il gold standard ad apparire come un sistema difettivo, dal momento che comporta una perdita di gradi di libertà nella definizione delle funzioni monetarie, nel governo della moneta e, più in generale, nella definizione dei possibili rapporti fra politico ed economico.

Teoria della moneta immaginaria nel tempo da Carlomagno a Richard Nixon

FANTACCI, LUCA
2002

Abstract

Il sistema monetario europeo, da Carlomagno a Napoleone, è caratterizzato dalla distinzione fra misura del valore (moneta immaginaria) e mezzo di pagamento (moneta reale). In genere, questo è considerato retrospettivamente come un difetto del sistema, destinato a correggersi con il consolidamento del gold standard, ovvero con la definizione di un rapporto fisso tra unità di conto e peso di metallo fino. Tuttavia, un’attenta analisi delle fonti mostra che, fino alla Rivoluzione francese, non esiste un àmbito istituzionale che ponga in diretta relazione la moneta ideale col metallo. Il fulcro del sistema monetario d’antico regime è piuttosto il terzo termine: la moneta metallica. Un semplice sistema d’equazioni consente di descrivere, in uno spazio cartesiano tridimensionale, il rapporto della moneta reale con il metallo (il contenuto metallico, stabilito nella zecca) e con l’unità di conto (il valore numerario, stabilito dalla tariffa). Sono questi i piani che definiscono lo spazio di manovra dell’autorità monetaria, attraverso le mutazioni; mentre il rapporto fra moneta immaginaria e metallo (la parità) appare come la proiezione su un piano che diverrà operante solo col gold standard. Il modello consente di descrivere le mutazioni in maniera fedele e articolata, dando conto, in particolare, della distinzione fra alzamento (del valore in tariffa) e indebolimento (del contenuto metallico) della moneta – una distinzione perlopiù trascurata, che emerge tuttavia con chiarezza dagli scritti monetari dell’epoca e che ha implicazioni cruciali. La distinzione tra mezzo di scambio e misura del valore appare, non come un difetto, ma come la chiave di volta di un sistema monetario articolato, con diverse monete (immaginarie e reali, piccole e grosse) utilizzate in àmbiti di scambio diversi (locale e universale) secondo principi di giustizia differenti (distributiva e commutativa). In questa prospettiva, è il gold standard ad apparire come un sistema difettivo, dal momento che comporta una perdita di gradi di libertà nella definizione delle funzioni monetarie, nel governo della moneta e, più in generale, nella definizione dei possibili rapporti fra politico ed economico.
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