Nello studio si era assunto l’obiettivo di esaminare le determinanti degli spread praticati sulle emissioni delle ABS realizzate da veicoli italiani ai sensi della legge n. 130 del 1999. Quale campione di riferimento per l’indagine si è scelto l’insieme delle emissioni di ABS relative alle asset class di PL e LR nel periodo intercorso dall’introduzione della legge 130 (aprile 1999) alla fine del 2001. Tale scelta è motivata dalla quota che le suddette emissioni hanno rivestito nel mercato nel periodo di rilevazione, confermata, come visto, nel corso del primo semestre del 2002. Dalle verifiche condotte, emerge come sussista una considerevole differenza tra spread effettivi e default spread, determinando quest’ultimo sulla base delle probabilità di default e dei tassi di recupero indicati dall’agenzia Standard&Poor’s. Il modello utilizzato per la determinazione del default spread è stato formulato sulla base di modelli di break even proposti in passato da altri autori per lo studio dei rendimenti di altre tipologie di strumenti finanziari del comparto obbligazionario. Tale modello, che fonda sull’ipotesi di neutralità al rischio degli investitori, è stato qui rielaborato al fine di ottenere il sovrarendimento teorico delle ABS rispetto all’Euribor, incorporando le probabilità di default e i tassi di recupero, ottenuti esogenamente dalle più recenti basi tecniche prodotte da Standard&Poor’s. Pur avendo calcolato i default spread relativamente a probabilità di default e tassi di recupero non specifici delle ABS italiane, in quanto non disponibili, si è provato che lo scostamento tra spread effettivi e default spread difficilmente può ascriversi a questa ragione. Volendo quindi indagare possibili ipotesi che spieghino tale scostamento, qui denominato non default spread, si sono identificate alcune variabili esplicative. In primo luogo si è operato per verificare l’impatto del rischio di liquidità, certamente presente, sul rendimento di questi titoli. Sulla base di circostanziate deduzioni logiche, si è dimostrato come non tutto il non default spread possa essere spiegato dal premio per il rischio di liquidità. Si è allora approfondita la possibilità che gli investitori non operino in condizione di neutralità al rischio, bensì richiedano la corresponsione di un premio che remuneri il rischio di default, oltre quanto previsto nel caso di neutralità. Infine, a completamento delle possibili determinanti del non default spread, si è ipotizzata l’esistenza di un “premio di reputazione”, richiesto dagli investitori a copertura dell’asimmetria informativa che gli stessi hanno nei confronti degli emittenti. A conclusione dell’analisi, gli autori si sono posti il problema di capire se esistono e quali sono i possibili mutamenti di natura strutturale che possano permettere la riduzione permanente della componente identificata come non default spread e, quindi, del costo di finanziamento sostenuto dagli emittenti di ABS. In tal senso, sono stati identificati: -la creazione di un mercato secondario per la negoziazione di ABS, che necessariamente deve essere destinato alla clientela istituzionale, al contrario di quanto accade oggi per Euromot; -lo sviluppo di investitori istituzionali specializzati italiani, che consentano di ridurre, per via breve, il premio di reputazione e di limare gli effetti dell’avversione al rischio; -la revisione della disciplina giuridica sui servicer, che rende oneroso il ricorso alle ABS da parte di emittenti corporate, con pregiudizio al grado di diversificazione offerto dal mercato italiano della cartolarizzazione agli investitori specializzati in questa tipologia d’investimenti; -l’estensione della normativa in vigore alle emissioni di carta commerciale, che non potendo oggi essere realizzate ai sensi della legge italiana, spingono gli emittenti nazionali ad effettuare tali collocamenti su mercati esteri, con detrimento per lo sviluppo quantitativo del mercato italiano.

Analisi degli spread nelle operazioni di cartolarizzazione ex legge 130/99 e implicazioni per la struttura del sistema finanziario

BECCACECE, FRANCESCA;
2002

Abstract

Nello studio si era assunto l’obiettivo di esaminare le determinanti degli spread praticati sulle emissioni delle ABS realizzate da veicoli italiani ai sensi della legge n. 130 del 1999. Quale campione di riferimento per l’indagine si è scelto l’insieme delle emissioni di ABS relative alle asset class di PL e LR nel periodo intercorso dall’introduzione della legge 130 (aprile 1999) alla fine del 2001. Tale scelta è motivata dalla quota che le suddette emissioni hanno rivestito nel mercato nel periodo di rilevazione, confermata, come visto, nel corso del primo semestre del 2002. Dalle verifiche condotte, emerge come sussista una considerevole differenza tra spread effettivi e default spread, determinando quest’ultimo sulla base delle probabilità di default e dei tassi di recupero indicati dall’agenzia Standard&Poor’s. Il modello utilizzato per la determinazione del default spread è stato formulato sulla base di modelli di break even proposti in passato da altri autori per lo studio dei rendimenti di altre tipologie di strumenti finanziari del comparto obbligazionario. Tale modello, che fonda sull’ipotesi di neutralità al rischio degli investitori, è stato qui rielaborato al fine di ottenere il sovrarendimento teorico delle ABS rispetto all’Euribor, incorporando le probabilità di default e i tassi di recupero, ottenuti esogenamente dalle più recenti basi tecniche prodotte da Standard&Poor’s. Pur avendo calcolato i default spread relativamente a probabilità di default e tassi di recupero non specifici delle ABS italiane, in quanto non disponibili, si è provato che lo scostamento tra spread effettivi e default spread difficilmente può ascriversi a questa ragione. Volendo quindi indagare possibili ipotesi che spieghino tale scostamento, qui denominato non default spread, si sono identificate alcune variabili esplicative. In primo luogo si è operato per verificare l’impatto del rischio di liquidità, certamente presente, sul rendimento di questi titoli. Sulla base di circostanziate deduzioni logiche, si è dimostrato come non tutto il non default spread possa essere spiegato dal premio per il rischio di liquidità. Si è allora approfondita la possibilità che gli investitori non operino in condizione di neutralità al rischio, bensì richiedano la corresponsione di un premio che remuneri il rischio di default, oltre quanto previsto nel caso di neutralità. Infine, a completamento delle possibili determinanti del non default spread, si è ipotizzata l’esistenza di un “premio di reputazione”, richiesto dagli investitori a copertura dell’asimmetria informativa che gli stessi hanno nei confronti degli emittenti. A conclusione dell’analisi, gli autori si sono posti il problema di capire se esistono e quali sono i possibili mutamenti di natura strutturale che possano permettere la riduzione permanente della componente identificata come non default spread e, quindi, del costo di finanziamento sostenuto dagli emittenti di ABS. In tal senso, sono stati identificati: -la creazione di un mercato secondario per la negoziazione di ABS, che necessariamente deve essere destinato alla clientela istituzionale, al contrario di quanto accade oggi per Euromot; -lo sviluppo di investitori istituzionali specializzati italiani, che consentano di ridurre, per via breve, il premio di reputazione e di limare gli effetti dell’avversione al rischio; -la revisione della disciplina giuridica sui servicer, che rende oneroso il ricorso alle ABS da parte di emittenti corporate, con pregiudizio al grado di diversificazione offerto dal mercato italiano della cartolarizzazione agli investitori specializzati in questa tipologia d’investimenti; -l’estensione della normativa in vigore alle emissioni di carta commerciale, che non potendo oggi essere realizzate ai sensi della legge italiana, spingono gli emittenti nazionali ad effettuare tali collocamenti su mercati esteri, con detrimento per lo sviluppo quantitativo del mercato italiano.
2002
Beccacece, Francesca; Roberto, Tasca
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