Nell’ambito del diritto penale dell’impresa il tema dei soggetti assume primario rilievo, stante la pressoché costante necessità di configurare gli illeciti quali reati “propri”. L’Autore affronta il tema dei soggetti nella declinazione che di esso è stata realizzata in seno alla recente riforma dei reati societari. Il primo profilo ad essere analizzato è relativo ad un aspetto che non è stato toccato dalla recente riforma. A fronte dei significativi interventi sulla disciplina penalsocietaria, infatti, il testo dell’articolo 135 t.u. bancario - che sancisce l’applicabilità delle disposizioni contenute nei capi I , II e V del titolo XI c.c. anche a chi svolga funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche, anche se non costituite in forma societaria - è rimasto immutato. Il risultato di questo difetto di coordinamento è che non saranno applicabili ai soggetti svolgenti tali funzioni - in quanto contenute in capi diversi da quelli espressamente menzionati - gli articoli da 2630 a 2641 c.c. La discrasia tuttavia dovrebbe nei fatti essere superata dal rilievo che nel sistema bancario la forma societaria sia ormai divenuta di gran lunga prevalente. Successivamente l’Autore si occupa della prima “equiparazione” contenuta nell’art. 2639 c.c., in base alla quale si stabilisce che al soggetto formalmente investito della qualifica sia equiparato “chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata”. Tale disposizione - risalente al progetto Mirone - nasceva dalla necessità di adattamento delle numerose fattispecie “proprie” ai nuovi modelli di amministrazione e controllo contemplati - accanto a quello tradizionale - dalla legge delega di riforma del diritto societario. L’inedita inversione metodologica che ha visto la porzione penalistica della riforma venire alla luce mentre la riforma del diritto societario era ancora in gestazione ha spinto il legislatore delegato a tradurre il principio in una disposizione di legge senza alcuna ulteriore precisazione. Rispetto a tale esito l’Autore sottolinea i rischi di possibili derive interpretative, nel segno di riconoscere posizioni di garanzia in capo ai “nuovi soggetti” che caratterizzano i recenti approdi normativi e prasseologici in tema di corporate governance (si pensi ai vari comitati di controllo, agli internal audit committee, agli organismi di vigilanza ex d.lgs. n. 231 del 2001). In capo a tali soggetti difetterebbero, ai fini della configurabilità di una posizione di garanzia ed in carenza di attribuzioni operative, i necessari poteri impeditivi: la soluzione parrebbe dunque quella di operare una distinzione tra un controllo privo di poteri di intervento - impervio ad estensioni della responsabilità penale - ed un controllo al quale si accompagnino anche poteri operativi - possibile fonte, in presenza degli ulteriori requisiti, di responsabilità. La questione affrontata nella seconda parte del primo comma dell’articolo 2639 è quella dei soggetti di fatto. Com’è noto, a fronte di un panorama dottrinale non poco frastagliato, in giurisprudenza si ricorre ormai da decenni a tale forma di attribuzione di responsabilità fondata sul dato meramente fattuale del disimpegno di compiti di amministrazione, ponendosi, semmai, il problema della corretta individuazione degli indici sintomatici della figura, risolto sovente tramite il ricorso a formule tralaticie ed apodittiche, tali da sfociare in un’inaccettabile rarefazione dei limiti di precisione e tassatività dei meccanismi di incriminazione. In tale contesto si colloca la novella legislativa, che se da un lato non fa altro che sancire legislativamente gli approdi giurisprudenziali, dall’altro richiede, ai fini dell’attribuzione di responsabilità in assenza di qualifica, l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, tentando un aggancio tra ricognizione “in concreto” e il modello normativamente fissato.

I soggetti

ALESSANDRI, ALBERTO
2002

Abstract

Nell’ambito del diritto penale dell’impresa il tema dei soggetti assume primario rilievo, stante la pressoché costante necessità di configurare gli illeciti quali reati “propri”. L’Autore affronta il tema dei soggetti nella declinazione che di esso è stata realizzata in seno alla recente riforma dei reati societari. Il primo profilo ad essere analizzato è relativo ad un aspetto che non è stato toccato dalla recente riforma. A fronte dei significativi interventi sulla disciplina penalsocietaria, infatti, il testo dell’articolo 135 t.u. bancario - che sancisce l’applicabilità delle disposizioni contenute nei capi I , II e V del titolo XI c.c. anche a chi svolga funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche, anche se non costituite in forma societaria - è rimasto immutato. Il risultato di questo difetto di coordinamento è che non saranno applicabili ai soggetti svolgenti tali funzioni - in quanto contenute in capi diversi da quelli espressamente menzionati - gli articoli da 2630 a 2641 c.c. La discrasia tuttavia dovrebbe nei fatti essere superata dal rilievo che nel sistema bancario la forma societaria sia ormai divenuta di gran lunga prevalente. Successivamente l’Autore si occupa della prima “equiparazione” contenuta nell’art. 2639 c.c., in base alla quale si stabilisce che al soggetto formalmente investito della qualifica sia equiparato “chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata”. Tale disposizione - risalente al progetto Mirone - nasceva dalla necessità di adattamento delle numerose fattispecie “proprie” ai nuovi modelli di amministrazione e controllo contemplati - accanto a quello tradizionale - dalla legge delega di riforma del diritto societario. L’inedita inversione metodologica che ha visto la porzione penalistica della riforma venire alla luce mentre la riforma del diritto societario era ancora in gestazione ha spinto il legislatore delegato a tradurre il principio in una disposizione di legge senza alcuna ulteriore precisazione. Rispetto a tale esito l’Autore sottolinea i rischi di possibili derive interpretative, nel segno di riconoscere posizioni di garanzia in capo ai “nuovi soggetti” che caratterizzano i recenti approdi normativi e prasseologici in tema di corporate governance (si pensi ai vari comitati di controllo, agli internal audit committee, agli organismi di vigilanza ex d.lgs. n. 231 del 2001). In capo a tali soggetti difetterebbero, ai fini della configurabilità di una posizione di garanzia ed in carenza di attribuzioni operative, i necessari poteri impeditivi: la soluzione parrebbe dunque quella di operare una distinzione tra un controllo privo di poteri di intervento - impervio ad estensioni della responsabilità penale - ed un controllo al quale si accompagnino anche poteri operativi - possibile fonte, in presenza degli ulteriori requisiti, di responsabilità. La questione affrontata nella seconda parte del primo comma dell’articolo 2639 è quella dei soggetti di fatto. Com’è noto, a fronte di un panorama dottrinale non poco frastagliato, in giurisprudenza si ricorre ormai da decenni a tale forma di attribuzione di responsabilità fondata sul dato meramente fattuale del disimpegno di compiti di amministrazione, ponendosi, semmai, il problema della corretta individuazione degli indici sintomatici della figura, risolto sovente tramite il ricorso a formule tralaticie ed apodittiche, tali da sfociare in un’inaccettabile rarefazione dei limiti di precisione e tassatività dei meccanismi di incriminazione. In tale contesto si colloca la novella legislativa, che se da un lato non fa altro che sancire legislativamente gli approdi giurisprudenziali, dall’altro richiede, ai fini dell’attribuzione di responsabilità in assenza di qualifica, l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, tentando un aggancio tra ricognizione “in concreto” e il modello normativamente fissato.
2002
9788821716409
AA.VV. A cura di A. Alessandri
Il nuovo diritto penale delle società. D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61
Alessandri, Alberto
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11565/1553391
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