Esigenze di tutela soddisfatte con un variegato apparato sanzionatorio (amministrativo, civile, penale). Beni giuridici individuali (trasparenza a difesa del risparmiatore) e collettivi (controllo dei flussi finanziari) si atteggiano diversamente per la presenza di un soggetto terzo, l’intermediario finanziario, di cui garantire liquidità e stabilità. I fondi comuni sono intermediari tipici e specializzati, regolamentati su tre perni: società di gestione (soggetto principale); banca depositaria (defilata, con limitate funzioni di controllo) e il fondo (patrimonio separato). Società di gestione sottoposte al controllo di svariate agenzie per la costituzione e nella fase operativa. L’organo primario è il Ministero del Tesoro, cui si affiancano Banca d’Italia e Consob. Il quadro penalistico risente di carenze sistematiche, anche per il largo uso del rinvio. Scelta di analisi frammentaria dei presidi alle funzioni di controllo, in linea con il dibattito dottrinale. Il filtro iniziale per l’accesso al mercato è l’autorizzazione (per la costituzione o gestione di fondi) del Ministero del Tesoro, la cui attività deve ritenersi vincolata alla verifica di sussistenza dei requisiti di legge e non discrezionale, analogamente alla disciplina in materia creditizia. L’esercizio dell’attività senza autorizzazione è aspramente sanzionato, in via principale ed accessoria, oltre che con la confisca. Al riguardo, ingiustificate disparità di trattamento tra l’ipotesi de qua e quella di esercizio abusivo del credito. Problema ulteriore per le sanzioni applicabili in caso di autorizzazione indebitamente ottenuta, dovendosi respingere, in ossequio al divieto di analogia in materia penale e al principio di tassatività, l’orientamento che equipara tale situazione alla radicale mancanza di autorizzazione. A sostegno della tesi militano anche elementi letterali e considerazioni pratiche. Prospettabile semmai, in via interpretativa, l’applicazione della fattispecie di false informazioni alla Banca d’Italia, che ha funzioni di vigilanza (rinvio, poco chiaro e scoordinato, alla disciplina bancaria). Il controllo, molto penetrante anche per i poteri ispettivi, si sviluppa su tre piani: organizzazione; trasparenza; modalità di investimento. Centrale la tutela dell’efficienza e veridicità dei flussi informativi, funzionale alla salvaguardia dei beni finali. L’art. 10, comma 1, l. 77/1983 (contravvenzione oblazionabile) sanziona l’inottemperanza alle richieste e inosservanza alle prescrizioni della Banca centrale. Problemi interpretativi per i casi di mancata corrispondenza del regolamento del fondo alle prescrizioni e per i soggetti attivi: revisori (da intendere restrittivamente) e società o enti di appartenenza degli agenti (preferibile riferirsi alle società di gestione). Manca poi una sanzione per l’ostacolo all’attività di vigilanza (disarmonia con la disciplina Consob). Il cpv. dell’art. 10 (reato di pericolo) incrimina le false informazioni alla Banca d’Italia (coprendo solo in parte le forme di ostacolo). Problematica la natura contravvenzionale di tale falso, per la rilevanza di ipotesi colpose. Tale conclusione è ammissibile, non potendosi condividere la tesi di necessaria dolosità del falso punibile. La disamina complessiva delle disposizioni in tema di omesse, ritardate o false comunicazioni ad organi di vigilanza dimostra gravi lacune sistematiche e scarsa ragionevolezza, anche nella tecnica di redazione delle fattispecie, oltre che l’improprio impiego delle contravvenzioni. Infine, raffronto con l’art. 2621 c.c., rispetto al quale la figura in esame potrebbe avere funzione sussidiaria o essere in rapporto di specialità. Ripercorrendo il dibattito dottrinale sulla struttura delle false comunicazioni sociali e sull’unicità del destinatario, si giunge riconoscere portata autonoma a tutte le nuove ipotesi di falsità nelle comunicazioni ad organi di controllo dell’economia.

Disciplina penale dei fondi comuni di investimento: spunti e problemi

ALESSANDRI, ALBERTO
1991

Abstract

Esigenze di tutela soddisfatte con un variegato apparato sanzionatorio (amministrativo, civile, penale). Beni giuridici individuali (trasparenza a difesa del risparmiatore) e collettivi (controllo dei flussi finanziari) si atteggiano diversamente per la presenza di un soggetto terzo, l’intermediario finanziario, di cui garantire liquidità e stabilità. I fondi comuni sono intermediari tipici e specializzati, regolamentati su tre perni: società di gestione (soggetto principale); banca depositaria (defilata, con limitate funzioni di controllo) e il fondo (patrimonio separato). Società di gestione sottoposte al controllo di svariate agenzie per la costituzione e nella fase operativa. L’organo primario è il Ministero del Tesoro, cui si affiancano Banca d’Italia e Consob. Il quadro penalistico risente di carenze sistematiche, anche per il largo uso del rinvio. Scelta di analisi frammentaria dei presidi alle funzioni di controllo, in linea con il dibattito dottrinale. Il filtro iniziale per l’accesso al mercato è l’autorizzazione (per la costituzione o gestione di fondi) del Ministero del Tesoro, la cui attività deve ritenersi vincolata alla verifica di sussistenza dei requisiti di legge e non discrezionale, analogamente alla disciplina in materia creditizia. L’esercizio dell’attività senza autorizzazione è aspramente sanzionato, in via principale ed accessoria, oltre che con la confisca. Al riguardo, ingiustificate disparità di trattamento tra l’ipotesi de qua e quella di esercizio abusivo del credito. Problema ulteriore per le sanzioni applicabili in caso di autorizzazione indebitamente ottenuta, dovendosi respingere, in ossequio al divieto di analogia in materia penale e al principio di tassatività, l’orientamento che equipara tale situazione alla radicale mancanza di autorizzazione. A sostegno della tesi militano anche elementi letterali e considerazioni pratiche. Prospettabile semmai, in via interpretativa, l’applicazione della fattispecie di false informazioni alla Banca d’Italia, che ha funzioni di vigilanza (rinvio, poco chiaro e scoordinato, alla disciplina bancaria). Il controllo, molto penetrante anche per i poteri ispettivi, si sviluppa su tre piani: organizzazione; trasparenza; modalità di investimento. Centrale la tutela dell’efficienza e veridicità dei flussi informativi, funzionale alla salvaguardia dei beni finali. L’art. 10, comma 1, l. 77/1983 (contravvenzione oblazionabile) sanziona l’inottemperanza alle richieste e inosservanza alle prescrizioni della Banca centrale. Problemi interpretativi per i casi di mancata corrispondenza del regolamento del fondo alle prescrizioni e per i soggetti attivi: revisori (da intendere restrittivamente) e società o enti di appartenenza degli agenti (preferibile riferirsi alle società di gestione). Manca poi una sanzione per l’ostacolo all’attività di vigilanza (disarmonia con la disciplina Consob). Il cpv. dell’art. 10 (reato di pericolo) incrimina le false informazioni alla Banca d’Italia (coprendo solo in parte le forme di ostacolo). Problematica la natura contravvenzionale di tale falso, per la rilevanza di ipotesi colpose. Tale conclusione è ammissibile, non potendosi condividere la tesi di necessaria dolosità del falso punibile. La disamina complessiva delle disposizioni in tema di omesse, ritardate o false comunicazioni ad organi di vigilanza dimostra gravi lacune sistematiche e scarsa ragionevolezza, anche nella tecnica di redazione delle fattispecie, oltre che l’improprio impiego delle contravvenzioni. Infine, raffronto con l’art. 2621 c.c., rispetto al quale la figura in esame potrebbe avere funzione sussidiaria o essere in rapporto di specialità. Ripercorrendo il dibattito dottrinale sulla struttura delle false comunicazioni sociali e sull’unicità del destinatario, si giunge riconoscere portata autonoma a tutte le nuove ipotesi di falsità nelle comunicazioni ad organi di controllo dell’economia.
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