Cosa accade se le risorse pubbliche, risultato dell’azione dell’istituzione sul “mercato” politico, si rivelano insufficienti per la sopravvivenza delle istituzioni artistiche e culturali, ovvero se si manifesta un vincolo di bilancio più stringente? Accade che le istituzioni, per non subire una drastica selezione, sono costrette a costruire, in modo imprenditoriale, le loro disponibilità operando anche su un mercato diverso, quello “privato” del pubblico pagante, dei donors e degli sponsor. È uno spostamento rilevante, che impone all’istituzione culturale una serie di prospettive e procedure tipiche dell’impresa; si tratta di verificare se una simile trasformazione implichi necessariamente un cambiamento delle condizioni della progettazione culturale, con susseguente dequalificazione dell’offerta. La progettazione culturale è e deve restare il centro delle istituzioni culturali, la fonte della loro identità e del loro senso, il motore della loro capacità di negoziare adeguati livelli di autonomia in tutte le arene di scambio in cui sono impegnate a operare. La difficoltà “epocale” che si profila è far intendere il valore di tale progettazione nei diversi contesti – politico e territoriale, professionale e privato – soddisfacendo le istanze di efficienza, economicità ed efficacia che in essi si manifestano. Non è solo un problema di mezzi, tecniche, competenze gestionali e innovazione espressiva: la trasformazione dei mezzi solleciterà un ripensamento, una collaborazione tra arte ed economia che consentirà di rendere più intenso e sostenibile il rapporto con l’esperienza artistica.

L’intrapresa culturale: riflessioni sul rapporto tra produzione culturale e logiche di impresa

BAIA CURIONI, STEFANO
2006

Abstract

Cosa accade se le risorse pubbliche, risultato dell’azione dell’istituzione sul “mercato” politico, si rivelano insufficienti per la sopravvivenza delle istituzioni artistiche e culturali, ovvero se si manifesta un vincolo di bilancio più stringente? Accade che le istituzioni, per non subire una drastica selezione, sono costrette a costruire, in modo imprenditoriale, le loro disponibilità operando anche su un mercato diverso, quello “privato” del pubblico pagante, dei donors e degli sponsor. È uno spostamento rilevante, che impone all’istituzione culturale una serie di prospettive e procedure tipiche dell’impresa; si tratta di verificare se una simile trasformazione implichi necessariamente un cambiamento delle condizioni della progettazione culturale, con susseguente dequalificazione dell’offerta. La progettazione culturale è e deve restare il centro delle istituzioni culturali, la fonte della loro identità e del loro senso, il motore della loro capacità di negoziare adeguati livelli di autonomia in tutte le arene di scambio in cui sono impegnate a operare. La difficoltà “epocale” che si profila è far intendere il valore di tale progettazione nei diversi contesti – politico e territoriale, professionale e privato – soddisfacendo le istanze di efficienza, economicità ed efficacia che in essi si manifestano. Non è solo un problema di mezzi, tecniche, competenze gestionali e innovazione espressiva: la trasformazione dei mezzi solleciterà un ripensamento, una collaborazione tra arte ed economia che consentirà di rendere più intenso e sostenibile il rapporto con l’esperienza artistica.
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