L’ordinanza in commento affronta e risolve la questione delle conseguenze della nullità del contratto di lavoro intermittente per mancata adozione della valutazione dei rischi, una delle ipotesi in cui il ricorso al lavoro intermittente è espressamente vietato dalla legge. Nell’ordinanza, la Corte di cassazione ritiene che, in considerazione della specifica causa del contratto di lavoro intermittente, il legislatore ha espressamente previsto la conversione del contratto in rapporto a tempo indeterminato nel solo caso di superamento dei limiti temporali previsti dalla legge. E ciò perché il concreto svolgimento del rapporto in misura superiore al limite temporale massimo depone nella direzione dell’illecito utilizzo dello schema negoziale in questione per un interesse affatto diverso da quello ad esso sotteso e incompatibile con quest’ultimo, e cioè per far fronte ad una esigenza non saltuaria, bensì continuativa, di ricezione della prestazione, tipica del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Al contrario, la Corte ritiene che le medesime conclusioni non siano replicabili nel caso di mancata adozione della valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro, che pure abbia illegittimamente fatto ricorso al lavoro intermittente. Ad inficiare il contratto, in questa ipotesi, è una condotta del datore di lavoro estranea al rapporto contrattuale con il lavoratore, che, pertanto, non può incidere sul contratto Ne segue che deve ritenersi applicabile il regime generale in materia di nullità del contratto di lavoro ai sensi dell’art. 2126 c.c., a mente del quale la nullità del contratto di lavoro produce un effetto caducatorio, che non è retroattivo, né incide sulla diversa qualificazione del rapporto tra le parti.

Causa del contratto di lavoro intermittente e conseguenze della nullita

Gramano. Elena
2025

Abstract

L’ordinanza in commento affronta e risolve la questione delle conseguenze della nullità del contratto di lavoro intermittente per mancata adozione della valutazione dei rischi, una delle ipotesi in cui il ricorso al lavoro intermittente è espressamente vietato dalla legge. Nell’ordinanza, la Corte di cassazione ritiene che, in considerazione della specifica causa del contratto di lavoro intermittente, il legislatore ha espressamente previsto la conversione del contratto in rapporto a tempo indeterminato nel solo caso di superamento dei limiti temporali previsti dalla legge. E ciò perché il concreto svolgimento del rapporto in misura superiore al limite temporale massimo depone nella direzione dell’illecito utilizzo dello schema negoziale in questione per un interesse affatto diverso da quello ad esso sotteso e incompatibile con quest’ultimo, e cioè per far fronte ad una esigenza non saltuaria, bensì continuativa, di ricezione della prestazione, tipica del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Al contrario, la Corte ritiene che le medesime conclusioni non siano replicabili nel caso di mancata adozione della valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro, che pure abbia illegittimamente fatto ricorso al lavoro intermittente. Ad inficiare il contratto, in questa ipotesi, è una condotta del datore di lavoro estranea al rapporto contrattuale con il lavoratore, che, pertanto, non può incidere sul contratto Ne segue che deve ritenersi applicabile il regime generale in materia di nullità del contratto di lavoro ai sensi dell’art. 2126 c.c., a mente del quale la nullità del contratto di lavoro produce un effetto caducatorio, che non è retroattivo, né incide sulla diversa qualificazione del rapporto tra le parti.
2025
Gramano, Elena
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