No abstract available
La tematica che attiene ai limiti spaziali all’applicazione della legge penale non sembra aver suscitato grande interesse in dottrina, e la stessa marginalità le risulta riservata dalle pronunce della giurisprudenza, ancorché sempre più spesso sia chiamata ad affrontare questioni che concernono l’effettiva portata del diritto penale internazionale. A fronte di tale silenzio, la disciplina di cui agli artt. 7-10 c.p. trova concreta applicazione in termini sempre più lati, al punto che la giurisdizione extraterritoriale è a molti parsa avviata verso una inarrestabile espansione, a scapito della dimensione prettamente territoriale del diritto penale più classico. Il presente lavoro si propone di ripensare questa visione, attraverso un’analisi che guarda al diritto nazionale muovendo dal piano dei principi individuati a livello internazionale al fine legittimare il riparto di giurisdizione penale tra Stati. Poste in questi termini le basi del quadro normativo di riferimento, la questione verrà in primo luogo affrontata in un’ottica de iure condendo: una volta individuato il paradigma di riferimento – ricercato nel fondamento politico e filosofico della potestà punitiva – verrà vagliata alla luce dello stesso la resistenza dei vari criteri di collegamento tra fatto di reato e giurisdizione competente a giudicarlo (territorialità, difesa, personalità attiva e passiva, universalità). All’esito di tale verifica verrà ricavato il leitmotiv delle successive riflessioni, vale a dire la dimensione prevalentemente territoriale della giurisdizione penale, che in quanto ‘regola’ si apre a qualche eccezione dettata dalla peculiarità delle caratteristiche inerenti al reato. La stessa territorialità della giurisdizione penale sarà poi il faro che guiderà le nostre riflessioni allorché affronteremo, in un’ottica de iure condito, alcune questioni giuridiche connesse all’interpretazione delle disciplina italiana sui limiti all’applicazione della legge penale nello spazio. Muovendosi su questo diverso paino, l’obiettivo prefissato è dunque quello di offrire una nuova chiave di lettura della normativa italiana sul punto, con riferimento alla quale dottrina e giurisprudenza sembrano proporre interpretazioni sempre più orientate ad ampliare i confini dell’ambito di giurisdizione penale. Verranno pertanto approfonditi gli aspetti legati alla nozione di locus commissi delicti, dettata ai fini del radicamento della giurisdizione territoriale italiana dall’art. 6 co 2 c.p., nonché al requisito della doppia incriminazione per i delitti comuni realizzati all’estero da cittadino italiano o da straniero, la cui astratta perseguibilità in Italia è sancita dagli artt. 9 e 10 c.p. Ancora, verrà proposta una lettura restrittiva del concetto di delitto politico che ai sensi dell’art. 8 c.p. può essere attirato nella sfera di giurisdizione penale italiana con la sola richiesta del Ministro di giustizia, ancorché commesso all’estero da cittadino straniero, e, da ultimo, affronteremo il tema dei delitti commessi a bordo di navi che si trovino in alto mare. Il tutto volgendo costantemente e contestualmente lo sguardo alla casistica che ha visto affiorare queste tematiche nelle corti penali italiane (maternità surrogata all’estero, traffico di migranti nelle acque internazionali, massacro degli oppositori ai regimi dittatoriali dell’America latina degli anni ’70 ne sono solo alcuni esempi), nella convinzione che un’interpretazione evolutiva della teoria debba prendere le mosse anche – e forse soprattutto – dalla prassi.
I confini della norma penale: fondamento e limiti territoriali della potestà punitiva
MOSTARDINI, CAMILLA
2021
Abstract
La tematica che attiene ai limiti spaziali all’applicazione della legge penale non sembra aver suscitato grande interesse in dottrina, e la stessa marginalità le risulta riservata dalle pronunce della giurisprudenza, ancorché sempre più spesso sia chiamata ad affrontare questioni che concernono l’effettiva portata del diritto penale internazionale. A fronte di tale silenzio, la disciplina di cui agli artt. 7-10 c.p. trova concreta applicazione in termini sempre più lati, al punto che la giurisdizione extraterritoriale è a molti parsa avviata verso una inarrestabile espansione, a scapito della dimensione prettamente territoriale del diritto penale più classico. Il presente lavoro si propone di ripensare questa visione, attraverso un’analisi che guarda al diritto nazionale muovendo dal piano dei principi individuati a livello internazionale al fine legittimare il riparto di giurisdizione penale tra Stati. Poste in questi termini le basi del quadro normativo di riferimento, la questione verrà in primo luogo affrontata in un’ottica de iure condendo: una volta individuato il paradigma di riferimento – ricercato nel fondamento politico e filosofico della potestà punitiva – verrà vagliata alla luce dello stesso la resistenza dei vari criteri di collegamento tra fatto di reato e giurisdizione competente a giudicarlo (territorialità, difesa, personalità attiva e passiva, universalità). All’esito di tale verifica verrà ricavato il leitmotiv delle successive riflessioni, vale a dire la dimensione prevalentemente territoriale della giurisdizione penale, che in quanto ‘regola’ si apre a qualche eccezione dettata dalla peculiarità delle caratteristiche inerenti al reato. La stessa territorialità della giurisdizione penale sarà poi il faro che guiderà le nostre riflessioni allorché affronteremo, in un’ottica de iure condito, alcune questioni giuridiche connesse all’interpretazione delle disciplina italiana sui limiti all’applicazione della legge penale nello spazio. Muovendosi su questo diverso paino, l’obiettivo prefissato è dunque quello di offrire una nuova chiave di lettura della normativa italiana sul punto, con riferimento alla quale dottrina e giurisprudenza sembrano proporre interpretazioni sempre più orientate ad ampliare i confini dell’ambito di giurisdizione penale. Verranno pertanto approfonditi gli aspetti legati alla nozione di locus commissi delicti, dettata ai fini del radicamento della giurisdizione territoriale italiana dall’art. 6 co 2 c.p., nonché al requisito della doppia incriminazione per i delitti comuni realizzati all’estero da cittadino italiano o da straniero, la cui astratta perseguibilità in Italia è sancita dagli artt. 9 e 10 c.p. Ancora, verrà proposta una lettura restrittiva del concetto di delitto politico che ai sensi dell’art. 8 c.p. può essere attirato nella sfera di giurisdizione penale italiana con la sola richiesta del Ministro di giustizia, ancorché commesso all’estero da cittadino straniero, e, da ultimo, affronteremo il tema dei delitti commessi a bordo di navi che si trovino in alto mare. Il tutto volgendo costantemente e contestualmente lo sguardo alla casistica che ha visto affiorare queste tematiche nelle corti penali italiane (maternità surrogata all’estero, traffico di migranti nelle acque internazionali, massacro degli oppositori ai regimi dittatoriali dell’America latina degli anni ’70 ne sono solo alcuni esempi), nella convinzione che un’interpretazione evolutiva della teoria debba prendere le mosse anche – e forse soprattutto – dalla prassi.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Ferrari_Giulia_Tesi_rivista.pdf
accesso aperto
Descrizione: Camilla Mostardini tesi rivista
Tipologia:
Tesi di dottorato
Dimensione
2.39 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.39 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.