SOMMARIO: 1. Il Corporate Governance Code inglese: la natura pionieristica e le recenti sfide. – 2. Il nuovo Codice tedesco sul governo societario (DCGK 2020). – 3. Il Codice di governo societario belga. – 4. Le recenti modifiche al Codice AFEP-MEDEF, sulla scia della Loi PACTE. – 5. Lo stato dell’arte attraverso la lente dell’OECD. – 6. L’anemometro dell’autodisciplina: verso quale direzione? Alla luce dello studio compiuto, appare evidente che le modifiche ai diversi Codici di autodisciplina, sia intra moenia sia extra moenia, siano però tutt’altro che isolate ed irrelate. Comprendendo nella disamina la situazione statunitense, occorre rammentare che, nell’ottobre 2018, sono stati pubblicati i Commonsense principles 2.0, linee guida che dimostrano l’attenzione per la soft law e le best practices anche di un Paese tradi-zionalmente incline a preferire uno strict enforcement. In essi, le previsioni, volute da esponenti quali Warren Buffett, Jamie Dimon e Larry Fink, registrano importanti va-riazioni rispetto alla versione del 2016, primariamente in tema di elezione degli ammi-nistratori, coinvolgimento degli azionisti, diritti degli azionisti e ruolo degli investitori, anche nel processo di voto per delega. Le stesse sono dirette non solo alle public com-panies e ai loro consigli di amministrazione, ma anche ai loro azionisti, asset managers e asset owners. E, nello stesso anno, l’Investor Stewardship Group promuoveva dei principi condivisi anche nell’ambito della stewardship, da leggersi in combinato disposto con le raccomandazioni in tema di governance (principle F) . Per quanto detto, il favor per l’autodisciplina, il suo ruolo di laboratorio per so-luzioni potenzialmente elevabili al rango normativo, il fermento di idee che attraversano i Codici europei sono di fatto innegabili, ed incontrovertibilmente trainati dal FRC inglese, divenuto faro di manovra per tutti i Comitati nazionali. E ciò nonostante l’effective custodian del Codice abbia significativamente mutato nel tempo il proprio ruolo: si tratta, ad oggi, di fatto di un public body modellato da precise esigenze e ri-chieste, che sovente assume un approccio troppo accondiscendente nell’espletamento della propria attività, finanziato da un contributo volontario della autorità di regola-mentazione . In altri termini, alla luce dei rilievi compiuti, emerge chiaramente come il Codice sia sempre più stakeholder-oriented e allineato a quella corrente “illuminata” che enfa-tizza l’importanza del successo sostenibile, ovvero di un’impresa che non considera il profitto soltanto quale prodotto dello scopo sociale, la sola finalità per cui la società esiste e quotidianamente opera, e che auspica le società siano capaci di tessere rapporti mutualmente benefici con l’ambiente circostante. In ultima analisi, seppure le rilevazioni fino ad ora condotte, in ogni caso circo-scritte e delimitate, non consentano di trarre un bilancio conclusivo, tuttavia è dato co-gliere una direzione comune e condivisa rispetto ai più recenti orientamenti dell’autodisciplina, consistente nella valorizzazione della sostenibilità, direzione ri-spetto alla quale l’autodisciplina potrebbe avere ancora molto abbia in serbo.

Su alcuni recenti sviluppi dell'autodisciplina

Passador, Maria Lucia
2020

Abstract

SOMMARIO: 1. Il Corporate Governance Code inglese: la natura pionieristica e le recenti sfide. – 2. Il nuovo Codice tedesco sul governo societario (DCGK 2020). – 3. Il Codice di governo societario belga. – 4. Le recenti modifiche al Codice AFEP-MEDEF, sulla scia della Loi PACTE. – 5. Lo stato dell’arte attraverso la lente dell’OECD. – 6. L’anemometro dell’autodisciplina: verso quale direzione? Alla luce dello studio compiuto, appare evidente che le modifiche ai diversi Codici di autodisciplina, sia intra moenia sia extra moenia, siano però tutt’altro che isolate ed irrelate. Comprendendo nella disamina la situazione statunitense, occorre rammentare che, nell’ottobre 2018, sono stati pubblicati i Commonsense principles 2.0, linee guida che dimostrano l’attenzione per la soft law e le best practices anche di un Paese tradi-zionalmente incline a preferire uno strict enforcement. In essi, le previsioni, volute da esponenti quali Warren Buffett, Jamie Dimon e Larry Fink, registrano importanti va-riazioni rispetto alla versione del 2016, primariamente in tema di elezione degli ammi-nistratori, coinvolgimento degli azionisti, diritti degli azionisti e ruolo degli investitori, anche nel processo di voto per delega. Le stesse sono dirette non solo alle public com-panies e ai loro consigli di amministrazione, ma anche ai loro azionisti, asset managers e asset owners. E, nello stesso anno, l’Investor Stewardship Group promuoveva dei principi condivisi anche nell’ambito della stewardship, da leggersi in combinato disposto con le raccomandazioni in tema di governance (principle F) . Per quanto detto, il favor per l’autodisciplina, il suo ruolo di laboratorio per so-luzioni potenzialmente elevabili al rango normativo, il fermento di idee che attraversano i Codici europei sono di fatto innegabili, ed incontrovertibilmente trainati dal FRC inglese, divenuto faro di manovra per tutti i Comitati nazionali. E ciò nonostante l’effective custodian del Codice abbia significativamente mutato nel tempo il proprio ruolo: si tratta, ad oggi, di fatto di un public body modellato da precise esigenze e ri-chieste, che sovente assume un approccio troppo accondiscendente nell’espletamento della propria attività, finanziato da un contributo volontario della autorità di regola-mentazione . In altri termini, alla luce dei rilievi compiuti, emerge chiaramente come il Codice sia sempre più stakeholder-oriented e allineato a quella corrente “illuminata” che enfa-tizza l’importanza del successo sostenibile, ovvero di un’impresa che non considera il profitto soltanto quale prodotto dello scopo sociale, la sola finalità per cui la società esiste e quotidianamente opera, e che auspica le società siano capaci di tessere rapporti mutualmente benefici con l’ambiente circostante. In ultima analisi, seppure le rilevazioni fino ad ora condotte, in ogni caso circo-scritte e delimitate, non consentano di trarre un bilancio conclusivo, tuttavia è dato co-gliere una direzione comune e condivisa rispetto ai più recenti orientamenti dell’autodisciplina, consistente nella valorizzazione della sostenibilità, direzione ri-spetto alla quale l’autodisciplina potrebbe avere ancora molto abbia in serbo.
2020
Passador, Maria Lucia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11565/4026427
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