La recente riflessione dottrinale e giurisprudenziale ha scoperto una dimensione ‘convenzionale’ del nullum crimen, restituitaci dalla sempre più copiosa – ed incisiva – giurisprudenza della Corte di Strasburgo in materia di art. 7 CEDU, della quale l’assai discussa sentenza Contrada c. Italia rappresenta solo uno dei molti punti di emersione. Una dimensione, peraltro, che non manca di suscitare diffidenze presso gli interpreti italiani, e della quale si tende a sottolineare l’eterogeneità rispetto al principio di legalità in materia penale consacrato dalla nostra tradizione manualistica, ed ancorato all’art. 25, secondo comma, Cost. Questo contributo analizza in particolare i due profili di novità derivanti dall’elaborazione giurisprudenziale sull’art. 7 CEDU rappresentati, da un lato, dall’enucleazione di una nozione di “materia penale” affidata a criteri sostanziali piuttosto che formali, e – dall’altro – dall’irruzione del criterio della prevedibilità dell’applicazione della norma penale per il suo destinatario quale architrave dello stesso giudizio di legalità convenzionale; e mira a dimostrare come entrambi questi profili, lungi dal porsi come antinomici rispetto al patrimonio di tutele consegnatoci dalla tradizione interpretativa nazionale sulla legalità penale, ne arricchiscano invece il contenuto, in un un’ottica di potenziamento del contenuto delle garanzie dell’individuo di fronte alla potestà punitiva statale.
Il nullum crimen conteso: legalità ‘costituzionale’ vs. legalità ‘convenzionale’?
VIGANO', FRANCESCO
2017
Abstract
La recente riflessione dottrinale e giurisprudenziale ha scoperto una dimensione ‘convenzionale’ del nullum crimen, restituitaci dalla sempre più copiosa – ed incisiva – giurisprudenza della Corte di Strasburgo in materia di art. 7 CEDU, della quale l’assai discussa sentenza Contrada c. Italia rappresenta solo uno dei molti punti di emersione. Una dimensione, peraltro, che non manca di suscitare diffidenze presso gli interpreti italiani, e della quale si tende a sottolineare l’eterogeneità rispetto al principio di legalità in materia penale consacrato dalla nostra tradizione manualistica, ed ancorato all’art. 25, secondo comma, Cost. Questo contributo analizza in particolare i due profili di novità derivanti dall’elaborazione giurisprudenziale sull’art. 7 CEDU rappresentati, da un lato, dall’enucleazione di una nozione di “materia penale” affidata a criteri sostanziali piuttosto che formali, e – dall’altro – dall’irruzione del criterio della prevedibilità dell’applicazione della norma penale per il suo destinatario quale architrave dello stesso giudizio di legalità convenzionale; e mira a dimostrare come entrambi questi profili, lungi dal porsi come antinomici rispetto al patrimonio di tutele consegnatoci dalla tradizione interpretativa nazionale sulla legalità penale, ne arricchiscano invece il contenuto, in un un’ottica di potenziamento del contenuto delle garanzie dell’individuo di fronte alla potestà punitiva statale.File | Dimensione | Formato | |
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