Di sostenibilità del sistema economico, del business o dell’impresa, si sente parlare correntemente, attribuendo a tale concetto significati vari per ampiezza e contenuto. Si potrebbe quindi essere portati a pensare alla sostenibilità come ad un termine di moda, uno slogan ormai entrato a far parte del linguaggio comune. In realtà, il tema viene affrontato dalla ricerca e dalla letteratura economica e manageriale da ormai una ventina di anni. Il concetto di sostenibilità fu formalizzato e portato all’attenzione del mondo nel 1987 quando la 42-esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 187 riconobbe e approvò il rapporto elaborato dalla World Commission on Environment and Development (denominata anche commissione Bruntland) intitolato “Our Common Future”. Con tale documento venne proposta una chiara definizione di sviluppo sostenibile, intendendolo come lo sviluppo che “soddisfa i bisogni della generazione attuale senza compromettere la possibilità per le generazioni future di fare altrettanto”. Nel corso del tempo, tale accezione è stata ampliata lungo due direzioni. Originariamente centrato sulla salvaguardia ambientale, il concetto di ‘sviluppo sostenibile’ è stato successivamente esteso fino a ricomprendervi anche la prospettiva sociale; inoltre, inizialmente rivolto alla società e all’intero sistema economico, esso è stato in seguito declinato anche rispetto alle istituzioni, alle imprese e fin ai singoli individui. Infatti, in un secondo importante documento internazionale, l’Agenda 21, elaborato durante la conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo sviluppo (United Nations Conference on Environment and Development Unced), il cosiddetto Summit della Terra che ebbe luogo a Rio de Janeiro nel giugno 2002, sono indicate le linee guida per lo sviluppo sostenibile. In particolare, il documento richiama: la responsabilità diretta dei governi nazionali sul tema, il principio della concertazione internazionale nella definizione dei piani, il coinvolgimento esplicito delle imprese. Con specifico riferimento all’impresa, la definizione oggi comunemente accettata di sostenibilità fa riferimento alle seguenti tre declinazioni a cui deve essere ispirato lo svolgimento delle attività economiche, volte alla produzione ed al consumo di beni e servizi: − sostenibilità economica, che si traduce nel perseguimento di condizioni di economicità nello svolgimento delle attività aziendali; − sostenibilità ambientale, ossia difesa del patrimonio naturale, nelle sue tre tipiche funzioni: fornitore di risorse, ricettore di rifiuti, fonte diretta di utilità; − sostenibilità sociale, relativa all’attenzione verso le risorse umane interne ed esterne all’impresa, attuali e future (generazioni future). Si evince agevolmente come il concetto di sostenibilità così articolato presenti molti punti di contatto con quello di Corporate Social Responsibility, o responsabilità sociale d’impresa, noto fin dalla metà del secolo scorso, ma diventato attuale in questi ultimi anni, in special modo da quando l’Unione Europea lo ha ufficialmente definito e presentato all’attenzione delle imprese. Nel giugno 2001, infatti, è stato infatti pubblicato il Libro Verde dell’Unione Europea, denominato “Promuovere un quadro europeo per la Responsabilità Sociale delle Imprese” nel quale viene statuito che la responsabilità sociale d’impresa consiste nell’”integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate” (stakeholder). Il documento sottolinea inoltre che “Anche se la loro responsabilità principale è quella di generare profitti, le imprese possono al tempo stesso contribuire a obiettivi sociali e alla tutela dell’ambiente, integrando la responsabilità sociale come investimento strategico nel quadro della propria strategia commerciale, nei loro strumenti di gestione e nelle loro operazioni”. È ancora evidenziato come “Un certo numero di imprese che ottengono buoni risultati nel settore sociale o nel settore della protezione dell’ambiente indicano che tali attività possono avere come risultato migliori prestazioni e possono generare maggiori profitti e crescita”. La sostenibilità e la responsabilità sociale sono quindi diventate un veicolo importante per le aziende nella creazione di valore, non solo per gli azionisti, ma più in generale per il complesso degli stakeholder, obiettivo ultimo a cui devono tendere le imprese. Questo cambio di prospettiva, che inevitabilmente toglie centralità all’azienda e la riconduce all’interno di un sistema più complesso ed articolato di soggetti, non solo comporta una rivisitazione radicale di molti processi e strutture dell’organizzazione, ma determina anche una sostanziale evoluzione culturale del management.

Creare valore con la sostenibilità del service nel settore automotive: il progetto officine sostenibili

PISTONI, ANNA ISIDE;
2012

Abstract

Di sostenibilità del sistema economico, del business o dell’impresa, si sente parlare correntemente, attribuendo a tale concetto significati vari per ampiezza e contenuto. Si potrebbe quindi essere portati a pensare alla sostenibilità come ad un termine di moda, uno slogan ormai entrato a far parte del linguaggio comune. In realtà, il tema viene affrontato dalla ricerca e dalla letteratura economica e manageriale da ormai una ventina di anni. Il concetto di sostenibilità fu formalizzato e portato all’attenzione del mondo nel 1987 quando la 42-esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 187 riconobbe e approvò il rapporto elaborato dalla World Commission on Environment and Development (denominata anche commissione Bruntland) intitolato “Our Common Future”. Con tale documento venne proposta una chiara definizione di sviluppo sostenibile, intendendolo come lo sviluppo che “soddisfa i bisogni della generazione attuale senza compromettere la possibilità per le generazioni future di fare altrettanto”. Nel corso del tempo, tale accezione è stata ampliata lungo due direzioni. Originariamente centrato sulla salvaguardia ambientale, il concetto di ‘sviluppo sostenibile’ è stato successivamente esteso fino a ricomprendervi anche la prospettiva sociale; inoltre, inizialmente rivolto alla società e all’intero sistema economico, esso è stato in seguito declinato anche rispetto alle istituzioni, alle imprese e fin ai singoli individui. Infatti, in un secondo importante documento internazionale, l’Agenda 21, elaborato durante la conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo sviluppo (United Nations Conference on Environment and Development Unced), il cosiddetto Summit della Terra che ebbe luogo a Rio de Janeiro nel giugno 2002, sono indicate le linee guida per lo sviluppo sostenibile. In particolare, il documento richiama: la responsabilità diretta dei governi nazionali sul tema, il principio della concertazione internazionale nella definizione dei piani, il coinvolgimento esplicito delle imprese. Con specifico riferimento all’impresa, la definizione oggi comunemente accettata di sostenibilità fa riferimento alle seguenti tre declinazioni a cui deve essere ispirato lo svolgimento delle attività economiche, volte alla produzione ed al consumo di beni e servizi: − sostenibilità economica, che si traduce nel perseguimento di condizioni di economicità nello svolgimento delle attività aziendali; − sostenibilità ambientale, ossia difesa del patrimonio naturale, nelle sue tre tipiche funzioni: fornitore di risorse, ricettore di rifiuti, fonte diretta di utilità; − sostenibilità sociale, relativa all’attenzione verso le risorse umane interne ed esterne all’impresa, attuali e future (generazioni future). Si evince agevolmente come il concetto di sostenibilità così articolato presenti molti punti di contatto con quello di Corporate Social Responsibility, o responsabilità sociale d’impresa, noto fin dalla metà del secolo scorso, ma diventato attuale in questi ultimi anni, in special modo da quando l’Unione Europea lo ha ufficialmente definito e presentato all’attenzione delle imprese. Nel giugno 2001, infatti, è stato infatti pubblicato il Libro Verde dell’Unione Europea, denominato “Promuovere un quadro europeo per la Responsabilità Sociale delle Imprese” nel quale viene statuito che la responsabilità sociale d’impresa consiste nell’”integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate” (stakeholder). Il documento sottolinea inoltre che “Anche se la loro responsabilità principale è quella di generare profitti, le imprese possono al tempo stesso contribuire a obiettivi sociali e alla tutela dell’ambiente, integrando la responsabilità sociale come investimento strategico nel quadro della propria strategia commerciale, nei loro strumenti di gestione e nelle loro operazioni”. È ancora evidenziato come “Un certo numero di imprese che ottengono buoni risultati nel settore sociale o nel settore della protezione dell’ambiente indicano che tali attività possono avere come risultato migliori prestazioni e possono generare maggiori profitti e crescita”. La sostenibilità e la responsabilità sociale sono quindi diventate un veicolo importante per le aziende nella creazione di valore, non solo per gli azionisti, ma più in generale per il complesso degli stakeholder, obiettivo ultimo a cui devono tendere le imprese. Questo cambio di prospettiva, che inevitabilmente toglie centralità all’azienda e la riconduce all’interno di un sistema più complesso ed articolato di soggetti, non solo comporta una rivisitazione radicale di molti processi e strutture dell’organizzazione, ma determina anche una sostanziale evoluzione culturale del management.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11565/3845710
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