Nell’ambito di contenziosi per contraffazione di asset intangibili legalmente tutelati, quali ad esempio brevetti e marchi, il terzo comma dell’articolo 125 del Codice della Proprietà Industriale (CPI) prevede che il titolare del diritto leso possa chiedere la restituzione degli “utili realizzati dall’autore della violazione”, in alternativa al risarcimento del lucro cessante in senso stretto o nella misura in cui gli utili conseguiti dal soggetto che ha violato i diritti di privativa industriale eccedano tale risarcimento. In considerazione dei caratteri di indeterminatezza presenti nella norma e delle differenti interpretazioni in passato fornite dalla giurisprudenza relativamente al significato di utili da risarcire, si è inteso precisare quali siano le modalità operative da seguire a tal fine. Si ritiene infatti che l’unica configurazione di utile coerente con i principi economico-aziendali sia quella di “margine di contribuzione al lordo delle imposte”, che prevede di sottrarre dai ricavi incrementali soltanto i costi variabili incrementali specificamente sostenuti per produrre e commercializzare i beni contraffatti, escludendo dal computo i costi fissi di produzione e i costi variabili che non hanno natura differenziale e che perciò il contraffattore avrebbe sostenuto anche in assenza della condotta illecita. Differenti interpretazioni della nozione di utili da restituire non sono invece in grado di esprimere correttamente l’indebito arricchimento realizzato dall’infringer, potendo quindi dar luogo a una sottovalutazione delle somme da riconoscere al soggetto che ha subito la violazione della privativa e, quindi, a una riduzione dell’efficacia della misura prevista nel terzo comma dell’articolo 125 del CPI
Risarcimento del danno per lucro cessante e restituzione dei profitti dell'autore della violazione di diritti di proprietà industriale
RUTIGLIANO, MICHELE;
2012
Abstract
Nell’ambito di contenziosi per contraffazione di asset intangibili legalmente tutelati, quali ad esempio brevetti e marchi, il terzo comma dell’articolo 125 del Codice della Proprietà Industriale (CPI) prevede che il titolare del diritto leso possa chiedere la restituzione degli “utili realizzati dall’autore della violazione”, in alternativa al risarcimento del lucro cessante in senso stretto o nella misura in cui gli utili conseguiti dal soggetto che ha violato i diritti di privativa industriale eccedano tale risarcimento. In considerazione dei caratteri di indeterminatezza presenti nella norma e delle differenti interpretazioni in passato fornite dalla giurisprudenza relativamente al significato di utili da risarcire, si è inteso precisare quali siano le modalità operative da seguire a tal fine. Si ritiene infatti che l’unica configurazione di utile coerente con i principi economico-aziendali sia quella di “margine di contribuzione al lordo delle imposte”, che prevede di sottrarre dai ricavi incrementali soltanto i costi variabili incrementali specificamente sostenuti per produrre e commercializzare i beni contraffatti, escludendo dal computo i costi fissi di produzione e i costi variabili che non hanno natura differenziale e che perciò il contraffattore avrebbe sostenuto anche in assenza della condotta illecita. Differenti interpretazioni della nozione di utili da restituire non sono invece in grado di esprimere correttamente l’indebito arricchimento realizzato dall’infringer, potendo quindi dar luogo a una sottovalutazione delle somme da riconoscere al soggetto che ha subito la violazione della privativa e, quindi, a una riduzione dell’efficacia della misura prevista nel terzo comma dell’articolo 125 del CPII documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.