Nella nota redazionale si affronta in chiave problematica il complesso ed interessante tema del locus commissi delicti del reato di cui all’art. 2638 c.c. ai fini della corretta determinazione della competenza territoriale. La vicenda è particolarmente intricata. Secondo l’ordinanza, “gli imputati … avrebbero comunicato all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ai sensi degli articoli I e VI lett. c) n. 12 e 29 L. 31.7.1997, n. 249, dati dolosamente alterati al fine di modificare la custode base e conseguentemente la market share di Telecom Italia, … avrebbero posto in essere, previo accordo in concorso tra loro, un artificio tecnico-contabile finalizzato ad incrementare fittiziamente il volume della clientela e posto in essere tramite una procedura consistita nel mantenere le schede SIM di immediata e prossima scadenza, in realtà da disattivare in virtù della decorrenza di 13 mesi dall'ultima ricarica di ciascuna di esse, a mezzo di accreditamento fittizio su ciascuna di esse della somma di un centesimo di euro, ricorrendo in modo capzioso al c.d. sistema balance originariamente destinato ad altro fine”. Le conclusioni cui giunge il Giudice per l’Udienza Preliminare nell’ordinanza annotata sono sicuramente condivisibili in punto di radicamento della competenza territoriale; non altrettanto può dirsi del percorso argomentativo seguito nel ricostruire il locus commissi delicti dell’ipotesi delittuosa di false informazioni all’Autorità di vigilanza. Più corretto, ad avviso di chi scrive, appare infatti collocare il luogo del commesso reato nella sede della persona giuridica o presso il diverso soggetto che è chiamato ad effettuare la comunicazione, individuando il perfezionarsi della condotta nel momento in cui l'informazione viene esternata, a prescindere dalla ricezione della stessa da parte dell’Autorità. Il delitto di false informazioni all’Autorità di vigilanza, infatti, è un reato di mera condotta e di pericolo concreto, che si perfeziona, quindi, con il compimento dell’azione descritta nella fattispecie, mentre l’effettivo conseguimento dello scopo perseguito dall’agente non è necessario per la realizzazione dell’illecito. Quanto alla condotta, è nel luogo ove la stessa è realizzata che si radica la competenza. La condotta punibile, nella fattispecie qui in esame, è descritta dal Legislatore con il verbo esporre, termine che rimanda alla comunicazione dei fatti materiali non rispondenti al vero. Il luogo e il momento della consumazione del reato si fissano dunque con l’atto di esposizione, vale a dire: nel momento e nel luogo in cui la comunicazione contenente fatti materiali non rispondenti al vero esce dalla sfera giuridica del soggetto agente. Quanto allo scopo ulteriore, la scelta del Legislatore di prevedere, quale elemento soggettivo, il dolo specifico di ostacolare l'esercizio della funzione di vigilanza si ripercuote anche sul piano oggettivo nel senso che la falsa comunicazione deve raggiungere quel minimo di obiettiva idoneità a fuorviare effettivamente l'attività dell'Autorità di vigilanza destinataria della comunicazione. Il giudizio di idoneità verrà effettuato ex ante e in concreto nel momento in cui il reato può dirsi perfezionato. Nel momento in cui, cioè, le false informazioni vengono esposte dal soggetto sottoposto alla vigilanza. Per quanto concerne, invece, il reato di ostacolo di cui al secondo comma dell’art. 2638 c.c. è pacifico il suo perfezionarsi nel momento in cui l'attività di ostacolo viene posta in essere, ne consegue che il locus commissi delicti va individuato ove l'attività di controllo doveva effettuarsi e, quindi, presso la sede della persona giuridica oggetto dell'attività di vigilanza.

Sul luogo di consumazione del delitto di ostacolo alle funzioni di vigilanza

MONTANI, ELEONORA
2012

Abstract

Nella nota redazionale si affronta in chiave problematica il complesso ed interessante tema del locus commissi delicti del reato di cui all’art. 2638 c.c. ai fini della corretta determinazione della competenza territoriale. La vicenda è particolarmente intricata. Secondo l’ordinanza, “gli imputati … avrebbero comunicato all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ai sensi degli articoli I e VI lett. c) n. 12 e 29 L. 31.7.1997, n. 249, dati dolosamente alterati al fine di modificare la custode base e conseguentemente la market share di Telecom Italia, … avrebbero posto in essere, previo accordo in concorso tra loro, un artificio tecnico-contabile finalizzato ad incrementare fittiziamente il volume della clientela e posto in essere tramite una procedura consistita nel mantenere le schede SIM di immediata e prossima scadenza, in realtà da disattivare in virtù della decorrenza di 13 mesi dall'ultima ricarica di ciascuna di esse, a mezzo di accreditamento fittizio su ciascuna di esse della somma di un centesimo di euro, ricorrendo in modo capzioso al c.d. sistema balance originariamente destinato ad altro fine”. Le conclusioni cui giunge il Giudice per l’Udienza Preliminare nell’ordinanza annotata sono sicuramente condivisibili in punto di radicamento della competenza territoriale; non altrettanto può dirsi del percorso argomentativo seguito nel ricostruire il locus commissi delicti dell’ipotesi delittuosa di false informazioni all’Autorità di vigilanza. Più corretto, ad avviso di chi scrive, appare infatti collocare il luogo del commesso reato nella sede della persona giuridica o presso il diverso soggetto che è chiamato ad effettuare la comunicazione, individuando il perfezionarsi della condotta nel momento in cui l'informazione viene esternata, a prescindere dalla ricezione della stessa da parte dell’Autorità. Il delitto di false informazioni all’Autorità di vigilanza, infatti, è un reato di mera condotta e di pericolo concreto, che si perfeziona, quindi, con il compimento dell’azione descritta nella fattispecie, mentre l’effettivo conseguimento dello scopo perseguito dall’agente non è necessario per la realizzazione dell’illecito. Quanto alla condotta, è nel luogo ove la stessa è realizzata che si radica la competenza. La condotta punibile, nella fattispecie qui in esame, è descritta dal Legislatore con il verbo esporre, termine che rimanda alla comunicazione dei fatti materiali non rispondenti al vero. Il luogo e il momento della consumazione del reato si fissano dunque con l’atto di esposizione, vale a dire: nel momento e nel luogo in cui la comunicazione contenente fatti materiali non rispondenti al vero esce dalla sfera giuridica del soggetto agente. Quanto allo scopo ulteriore, la scelta del Legislatore di prevedere, quale elemento soggettivo, il dolo specifico di ostacolare l'esercizio della funzione di vigilanza si ripercuote anche sul piano oggettivo nel senso che la falsa comunicazione deve raggiungere quel minimo di obiettiva idoneità a fuorviare effettivamente l'attività dell'Autorità di vigilanza destinataria della comunicazione. Il giudizio di idoneità verrà effettuato ex ante e in concreto nel momento in cui il reato può dirsi perfezionato. Nel momento in cui, cioè, le false informazioni vengono esposte dal soggetto sottoposto alla vigilanza. Per quanto concerne, invece, il reato di ostacolo di cui al secondo comma dell’art. 2638 c.c. è pacifico il suo perfezionarsi nel momento in cui l'attività di ostacolo viene posta in essere, ne consegue che il locus commissi delicti va individuato ove l'attività di controllo doveva effettuarsi e, quindi, presso la sede della persona giuridica oggetto dell'attività di vigilanza.
2012
Montani, Eleonora
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11565/3806297
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