Il libro affronta il tema dell'essenza della lingua madre mirando a determinare tale essenza alla luce del suo carattere più originario. Ora, giacché proprio tale carattere viene coperto e trascurato nella oggettivazione della lingua operata dalle "scienze del linguaggio" (linguistica, semiotica ecc. ), il libro prende le mosse da una decostruzione del "comune concetto della parola", mostrando la natura coercitiva degli assunti-di-fondo (chiamati "format") di ogni approccio tecnico-scientifico al dire. Ma non solo. La decostruzione investe anche quel sapere che ha ormai la più ampia portata concettuale-analitica fra le scienze umane, cioè la scienza cognitiva basata sulle neuro-scienze. Si mostrano e si discutono i format di fondo su cui si reggono le scienze cognitive del linguaggio, tentando così di liberare la lingua madre dall' "armatura cibernetica" in cui tali scienze la costringono — armatura che si regge sul concetto chiave di informazione. Tale liberazione avviene grazie all'interpretazione di un importante frammento del poeta tedesco Hoelderlin, in cui la lingua madre è pensata non solo come un mezzo d'intesa, ma innanzitutto come quella dote — unica e irripetibile — che permette all'uomo di ottenere la sua essenza più originaria e più umana. L'elemento interessante è che il poeta ci aiuta a capire come la dote della lingua sia sì un bene ma anche un'insidia: un bene, perché essa è il necessario orizzonte di ogni via verso la verità — un'insidia, perché, proprio in forza della potenza della parola, l'uomo trova la via dell'inganno e della violenza. Si mostra infine come il conoscere la lingua in questa sua duplice natura permetta di raggiungere una consapevolezza superiore del senso del dire — un senso che trova nel pensiero e nel canto le sue due "case" più sicure e appropriate.

Lingua pensiero canto. Un saggio sull'essenza della parola

ZACCARIA, GINO SECONDO
2010

Abstract

Il libro affronta il tema dell'essenza della lingua madre mirando a determinare tale essenza alla luce del suo carattere più originario. Ora, giacché proprio tale carattere viene coperto e trascurato nella oggettivazione della lingua operata dalle "scienze del linguaggio" (linguistica, semiotica ecc. ), il libro prende le mosse da una decostruzione del "comune concetto della parola", mostrando la natura coercitiva degli assunti-di-fondo (chiamati "format") di ogni approccio tecnico-scientifico al dire. Ma non solo. La decostruzione investe anche quel sapere che ha ormai la più ampia portata concettuale-analitica fra le scienze umane, cioè la scienza cognitiva basata sulle neuro-scienze. Si mostrano e si discutono i format di fondo su cui si reggono le scienze cognitive del linguaggio, tentando così di liberare la lingua madre dall' "armatura cibernetica" in cui tali scienze la costringono — armatura che si regge sul concetto chiave di informazione. Tale liberazione avviene grazie all'interpretazione di un importante frammento del poeta tedesco Hoelderlin, in cui la lingua madre è pensata non solo come un mezzo d'intesa, ma innanzitutto come quella dote — unica e irripetibile — che permette all'uomo di ottenere la sua essenza più originaria e più umana. L'elemento interessante è che il poeta ci aiuta a capire come la dote della lingua sia sì un bene ma anche un'insidia: un bene, perché essa è il necessario orizzonte di ogni via verso la verità — un'insidia, perché, proprio in forza della potenza della parola, l'uomo trova la via dell'inganno e della violenza. Si mostra infine come il conoscere la lingua in questa sua duplice natura permetta di raggiungere una consapevolezza superiore del senso del dire — un senso che trova nel pensiero e nel canto le sue due "case" più sicure e appropriate.
2010
IBIS, Como-Pavia
9788871643519
Zaccaria, GINO SECONDO
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