Nell’ultimo scorcio del Novecento si è assistito a una crescente interdipendenza nell’economia globale che ha generato l’illusoria percezione di un mondo sempre meno ordinato secondo la distanza, con conseguenze a tratti angosciose di dissociazione tra spazi economici e geopolitici. Il nuovo millennio – con le sfide che la recente crisi ha reso più drammatiche – ha però riportato prepotentemente alla ribalta la centralità del concetto di prossimità e il ruolo pro-attivo dei territori nel determinare i percorsi di sviluppo e nel connettersi con le scale superiori secondo modalità che trascendono la semplice dicotomia locale/globale. D’altra parte, il controllo del processo di produzione, accumulazione, scambio e ricombinazione delle conoscenze è diventata una funzione-chiave per garantire la stabilità nel tempo dei processi di sviluppo. L’innovazione, da cui discende la competitività di territori ed organizzazioni, è l’esito di tale processo di produzione delle conoscenze e mostra oggi forti elementi di ancoraggio territoriale. L’economia di mercato, tecnicizzata e finanziarizzata, in effetti non può funzionare se non mobilitando molteplici tipi di risorse sociali non di mercato. Risorse che concorrono a formare quel capitale territoriale – concetto composito di infrastrutture materiali e immateriali, hard e soft, qualitative e relazionali – dalla cui presenza dipende, largamente, la capacità di competere dei sistemi territoriali. Quali contributi offre oggi il territorio alla produzione di conoscenza e, in particolare, quali contributi differenziati nei confronti delle due fondamentali tipologie complementari di conoscenza codificata e tacita? Creatività, connettività e velocità divengono condizioni fondamentali nei processi innovativi territoriali, favorite e implementate da soggetti facilitatori che agiscono all’interno delle reti e dalla capacità di assorbimento caratteristica propria dei soggetti partecipanti alle reti. Quale ruolo può svolgere oggi l’università e il sistema formativo nel fornire quel capitale umano da cui dipendono i percorsi innovativi? In un mondo in cui la conoscenza è fondamentale anche le attività di planning, di taglio fortemente partecipativo, contribuiscono a creare un ambiente conduttivo di interazioni collaborative e attrattivo per la creatività. Quale programmazione strategica, su quali geometrie policentriche dei territori, con che raccordi tra livelli politici e livelli tecnici? A tutte queste questioni il presente volume offre argomentazioni teoricamente fondate ed empiricamente testate che arricchiscono significativamente il dibattito su tematiche centrali per la comprensione della competitività territoriale e, auspicabilmente, per il governo della stessa.

Lo sviluppo territoriale nell'economia della conoscenza: teorie, attori, strategie

BRAMANTI, ALBERTO;
2009

Abstract

Nell’ultimo scorcio del Novecento si è assistito a una crescente interdipendenza nell’economia globale che ha generato l’illusoria percezione di un mondo sempre meno ordinato secondo la distanza, con conseguenze a tratti angosciose di dissociazione tra spazi economici e geopolitici. Il nuovo millennio – con le sfide che la recente crisi ha reso più drammatiche – ha però riportato prepotentemente alla ribalta la centralità del concetto di prossimità e il ruolo pro-attivo dei territori nel determinare i percorsi di sviluppo e nel connettersi con le scale superiori secondo modalità che trascendono la semplice dicotomia locale/globale. D’altra parte, il controllo del processo di produzione, accumulazione, scambio e ricombinazione delle conoscenze è diventata una funzione-chiave per garantire la stabilità nel tempo dei processi di sviluppo. L’innovazione, da cui discende la competitività di territori ed organizzazioni, è l’esito di tale processo di produzione delle conoscenze e mostra oggi forti elementi di ancoraggio territoriale. L’economia di mercato, tecnicizzata e finanziarizzata, in effetti non può funzionare se non mobilitando molteplici tipi di risorse sociali non di mercato. Risorse che concorrono a formare quel capitale territoriale – concetto composito di infrastrutture materiali e immateriali, hard e soft, qualitative e relazionali – dalla cui presenza dipende, largamente, la capacità di competere dei sistemi territoriali. Quali contributi offre oggi il territorio alla produzione di conoscenza e, in particolare, quali contributi differenziati nei confronti delle due fondamentali tipologie complementari di conoscenza codificata e tacita? Creatività, connettività e velocità divengono condizioni fondamentali nei processi innovativi territoriali, favorite e implementate da soggetti facilitatori che agiscono all’interno delle reti e dalla capacità di assorbimento caratteristica propria dei soggetti partecipanti alle reti. Quale ruolo può svolgere oggi l’università e il sistema formativo nel fornire quel capitale umano da cui dipendono i percorsi innovativi? In un mondo in cui la conoscenza è fondamentale anche le attività di planning, di taglio fortemente partecipativo, contribuiscono a creare un ambiente conduttivo di interazioni collaborative e attrattivo per la creatività. Quale programmazione strategica, su quali geometrie policentriche dei territori, con che raccordi tra livelli politici e livelli tecnici? A tutte queste questioni il presente volume offre argomentazioni teoricamente fondate ed empiricamente testate che arricchiscono significativamente il dibattito su tematiche centrali per la comprensione della competitività territoriale e, auspicabilmente, per il governo della stessa.
2009
FrancoAngeli
9788856810516
Bramanti, Alberto; C., Salone
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