I piani di stock option, uno dei cardini del capitalismo anglosassone, non sono mai stati particolarmente diffusi nel nostro Paese. Il pacchetto retributivo tradizionalmente offerto ai dirigenti delle imprese italiane comprende la retribuzione base e eventuali bonus in contanti collegati al raggiungimento di determinati obiettivi (annuali o pluriennali), ma solitamente non prevede compensi collegati al valore azionario dell’impresa. Questa situazione si è radicalmente modificata alla fine degli anni ’90, quando alcune condizioni di contesto, in primis alcuni cambiamenti nella normativa fiscale, hanno spinto numerose imprese italiane ad adottare piani di incentivazione azionaria che assegnano ai dipendenti opzioni sull’acquisto o sulla sottoscrizione delle azioni. Un po’ paradossalmente la loro diffusione nel nostro Paese avviene proprio nel momento in cui i piani di stock option subiscono un pesante attacco da parte delle autorità governative e della stampa economica anglosassone (come dimostra la citazione iniziale). In realtà, i recenti avvenimenti (si pensi al fallimento di importanti società come Enron e Worldcom) hanno messo in discussione l’intero sistema di corporate governance anglosassone e non solo la retribuzione dei top manager. Tuttavia, all’interno di questo più vasto tema, la problematica delle stock option non è secondaria e riguarda principalmente due temi: a) la corretta metodologia di contabilizzazione di tali piani; b) l’intensità della relazione tra il compenso ricevuto dal management e la performance aziendale. Vista la crescente diffusione dei piani di stock option tra le imprese del nostro Paese e l’acceso dibattito che si è sviluppato negli Stati Uniti, questo lavoro intende affrontare l’argomento con l’obiettivo di presentare le loro caratteristiche tecniche, valutare la diffusione e le peculiarità dei piani realizzati dalle imprese italiane, proporre alcune considerazioni che guidino la loro progettazione.

I piani di stock option in Italia: diffusione e caratteristiche

ZATTONI, ALESSANDRO
2003

Abstract

I piani di stock option, uno dei cardini del capitalismo anglosassone, non sono mai stati particolarmente diffusi nel nostro Paese. Il pacchetto retributivo tradizionalmente offerto ai dirigenti delle imprese italiane comprende la retribuzione base e eventuali bonus in contanti collegati al raggiungimento di determinati obiettivi (annuali o pluriennali), ma solitamente non prevede compensi collegati al valore azionario dell’impresa. Questa situazione si è radicalmente modificata alla fine degli anni ’90, quando alcune condizioni di contesto, in primis alcuni cambiamenti nella normativa fiscale, hanno spinto numerose imprese italiane ad adottare piani di incentivazione azionaria che assegnano ai dipendenti opzioni sull’acquisto o sulla sottoscrizione delle azioni. Un po’ paradossalmente la loro diffusione nel nostro Paese avviene proprio nel momento in cui i piani di stock option subiscono un pesante attacco da parte delle autorità governative e della stampa economica anglosassone (come dimostra la citazione iniziale). In realtà, i recenti avvenimenti (si pensi al fallimento di importanti società come Enron e Worldcom) hanno messo in discussione l’intero sistema di corporate governance anglosassone e non solo la retribuzione dei top manager. Tuttavia, all’interno di questo più vasto tema, la problematica delle stock option non è secondaria e riguarda principalmente due temi: a) la corretta metodologia di contabilizzazione di tali piani; b) l’intensità della relazione tra il compenso ricevuto dal management e la performance aziendale. Vista la crescente diffusione dei piani di stock option tra le imprese del nostro Paese e l’acceso dibattito che si è sviluppato negli Stati Uniti, questo lavoro intende affrontare l’argomento con l’obiettivo di presentare le loro caratteristiche tecniche, valutare la diffusione e le peculiarità dei piani realizzati dalle imprese italiane, proporre alcune considerazioni che guidino la loro progettazione.
2003
Zattoni, Alessandro
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