Nella parte generale del manuale di diritto penale dell’impresa l’Autore descrive la recente trasformazione ed espansione della materia che risulta determinata da molti fattori tra cui l’espansione dei mercati, l’armonizzazione sopranazionale, le libertà nell’ambito della Comunità Europea, la diffusione del settore terziario e finanziario, il declino nella politica italiana della programmazione economica. Questi processi di complessità hanno peraltro determinato delle notevoli discontinuità nel disegno normativo e la moltiplicazione delle fonti giuridiche di fronte ad un ruolo assolutamente inidoneo del codice penale ad intervenire nella disciplina dell’attività economica. Tra le recenti trasformazioni della materia in esame si sottolinea l’emergere di nuovi beni giuridici penalmente tutelati: la difesa è apprestata nei confronti di beni c.d. collettivi (ambiente, sicurezza, etc.), di beni “strumentali” e di “funzioni”. Caratteristiche di questi tipi di offesa sono l’indeterminatezza dei soggetti esposti, la difficile percezione da parte delle stesse vittime, la lesività seriale delle aggressioni. Esaminando le tecniche di formulazione delle fattispecie si evidenzia la diffusione di reati di pericolo, la necessità del rispetto del principio di determinatezza, il frequente uso alla tecnica del rinvio a norme extrapenali di riferimento, l’utilizzo del c.d. modello ingiunzionale. Un tema molto interessante riguarda la responsabilità omissiva e l’individuazione dei soggetti garanti: si tratta di due tipici istituti di diritto penale che trovano particolare applicazione nell’ambito di alcune attività e, appunto, nel diritto penale dell’economia. Prima di affrontare nello specifico queste figure si premettono alcune considerazioni generali relativi al tema dei soggetti che implica l’enunciazione dei criteri, dottrinali e giurisprudenziali, per l’individuazione del soggetto responsabile all’interno di organizzazioni complesse. Le diverse teorie devono essere valutate alla luce del principio di personalità della responsabilità penale espresso nell’art. 27 Cost. In questo ambito una soluzione legislativamente idonea ad essere utilizzata come esempio è rinvenibile nel d. lgs. 626/1994 in materia di sicurezza e igiene sul lavoro che, all’art. 2 b), definisce il lavoratore come: “soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva … in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa”. Altro tema collegato riguarda la figura dell’amministratore di fatto, molto diffusa nella prassi, rispetto a cui, secondo le interpretazioni dominanti, sarebbe troppo restrittivo pretendere di applicare le norme che richiedono espressamente alcune qualifiche nel soggetto agente soltanto se questi risultano muniti di una investitura civilistica regolare, valida ed efficace. La soluzione opposta, però, rischia di estendere eccessivamente l’applicazione di norme penali con violazione del principio di legalità. Ulteriore peculiarità per l’individuazione dei soggetti responsabili all’interno di strutture complesse riguarda il tema della delega di funzioni. Si tratta di uno strumento che permette (ovvero sembra anche imporre) di allocare la responsabilità alle persone fisiche, investite dall’imprenditore a curare determinati settori o attività, che effettivamente pongono in essere le condotte incriminate. I requisiti di condizione di validità della delega ai fini del trasferimento della responsabilità dal delegante al delegato sono elaborati dalla giurisprudenza nella quale possono rinvenirsi posizioni sostanzialmente costanti e condivise. I giudici inoltre si sono sempre schierati nell’affermare, entro certi limiti e condizioni, la sopravvivenza di un obbligo di sorveglianza in capo al delegante (garante primario). Riprendendo la questione della responsabilità degli amministratori, si affronta infine il tema “delicatissimo” della responsabilità dei soggetti che non hanno attuato né attivamente partecipato alla condotta incriminata ma che possono essere ritenuti responsabili a titolo omissivo, per non aver vigilato e non aver impedito la commissione del reato. La questione si pone sostanzialmente per gli amministratori e per i sindaci e trova il fondamento normativo nella combinazione degli artt. 2392 c.c. (per i primi), 2403 c.c. (per i secondi) con l’art. 40 II comma c.p. secondo cui “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. Il carattere ampiamente problematico di questa elaborazione implica l’ampiezza e l’intensità della vigilanza, i poteri di intervento concretamente esistenti, la verifica dell’elemento soggettivo nel cui ambito si riconduce la critica verso un uso eccessivamente indiscriminato della figura del dolo eventuale. Rispetto all’edizione del 1998 la trattazione risulta in generale più ampia e approfondita. Si aggiungono delle considerazioni relative alla possibile corresponsabilizzazione della società e all’inesistenza nella disciplina italiana attuale della responsabilità penale delle persone giuridiche (diversa invece la situazione in Francia e in Inghilterra) a fronte, peraltro, di indicazioni in tal senso nella disciplina comunitaria e di un uso abbastanza largo alle sanzioni amministrative nei confronti degli enti. Sono poi inserite valutazioni ulteriori relative alla responsabilità omissiva dei soggetti operanti in sistemi collegiali (amministratori e sindaci) e considerazioni nuove in tema di responsabilità degli amministratori nei gruppi di società.

Parte generale

ALESSANDRI, ALBERTO
2000

Abstract

Nella parte generale del manuale di diritto penale dell’impresa l’Autore descrive la recente trasformazione ed espansione della materia che risulta determinata da molti fattori tra cui l’espansione dei mercati, l’armonizzazione sopranazionale, le libertà nell’ambito della Comunità Europea, la diffusione del settore terziario e finanziario, il declino nella politica italiana della programmazione economica. Questi processi di complessità hanno peraltro determinato delle notevoli discontinuità nel disegno normativo e la moltiplicazione delle fonti giuridiche di fronte ad un ruolo assolutamente inidoneo del codice penale ad intervenire nella disciplina dell’attività economica. Tra le recenti trasformazioni della materia in esame si sottolinea l’emergere di nuovi beni giuridici penalmente tutelati: la difesa è apprestata nei confronti di beni c.d. collettivi (ambiente, sicurezza, etc.), di beni “strumentali” e di “funzioni”. Caratteristiche di questi tipi di offesa sono l’indeterminatezza dei soggetti esposti, la difficile percezione da parte delle stesse vittime, la lesività seriale delle aggressioni. Esaminando le tecniche di formulazione delle fattispecie si evidenzia la diffusione di reati di pericolo, la necessità del rispetto del principio di determinatezza, il frequente uso alla tecnica del rinvio a norme extrapenali di riferimento, l’utilizzo del c.d. modello ingiunzionale. Un tema molto interessante riguarda la responsabilità omissiva e l’individuazione dei soggetti garanti: si tratta di due tipici istituti di diritto penale che trovano particolare applicazione nell’ambito di alcune attività e, appunto, nel diritto penale dell’economia. Prima di affrontare nello specifico queste figure si premettono alcune considerazioni generali relativi al tema dei soggetti che implica l’enunciazione dei criteri, dottrinali e giurisprudenziali, per l’individuazione del soggetto responsabile all’interno di organizzazioni complesse. Le diverse teorie devono essere valutate alla luce del principio di personalità della responsabilità penale espresso nell’art. 27 Cost. In questo ambito una soluzione legislativamente idonea ad essere utilizzata come esempio è rinvenibile nel d. lgs. 626/1994 in materia di sicurezza e igiene sul lavoro che, all’art. 2 b), definisce il lavoratore come: “soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva … in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa”. Altro tema collegato riguarda la figura dell’amministratore di fatto, molto diffusa nella prassi, rispetto a cui, secondo le interpretazioni dominanti, sarebbe troppo restrittivo pretendere di applicare le norme che richiedono espressamente alcune qualifiche nel soggetto agente soltanto se questi risultano muniti di una investitura civilistica regolare, valida ed efficace. La soluzione opposta, però, rischia di estendere eccessivamente l’applicazione di norme penali con violazione del principio di legalità. Ulteriore peculiarità per l’individuazione dei soggetti responsabili all’interno di strutture complesse riguarda il tema della delega di funzioni. Si tratta di uno strumento che permette (ovvero sembra anche imporre) di allocare la responsabilità alle persone fisiche, investite dall’imprenditore a curare determinati settori o attività, che effettivamente pongono in essere le condotte incriminate. I requisiti di condizione di validità della delega ai fini del trasferimento della responsabilità dal delegante al delegato sono elaborati dalla giurisprudenza nella quale possono rinvenirsi posizioni sostanzialmente costanti e condivise. I giudici inoltre si sono sempre schierati nell’affermare, entro certi limiti e condizioni, la sopravvivenza di un obbligo di sorveglianza in capo al delegante (garante primario). Riprendendo la questione della responsabilità degli amministratori, si affronta infine il tema “delicatissimo” della responsabilità dei soggetti che non hanno attuato né attivamente partecipato alla condotta incriminata ma che possono essere ritenuti responsabili a titolo omissivo, per non aver vigilato e non aver impedito la commissione del reato. La questione si pone sostanzialmente per gli amministratori e per i sindaci e trova il fondamento normativo nella combinazione degli artt. 2392 c.c. (per i primi), 2403 c.c. (per i secondi) con l’art. 40 II comma c.p. secondo cui “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. Il carattere ampiamente problematico di questa elaborazione implica l’ampiezza e l’intensità della vigilanza, i poteri di intervento concretamente esistenti, la verifica dell’elemento soggettivo nel cui ambito si riconduce la critica verso un uso eccessivamente indiscriminato della figura del dolo eventuale. Rispetto all’edizione del 1998 la trattazione risulta in generale più ampia e approfondita. Si aggiungono delle considerazioni relative alla possibile corresponsabilizzazione della società e all’inesistenza nella disciplina italiana attuale della responsabilità penale delle persone giuridiche (diversa invece la situazione in Francia e in Inghilterra) a fronte, peraltro, di indicazioni in tal senso nella disciplina comunitaria e di un uso abbastanza largo alle sanzioni amministrative nei confronti degli enti. Sono poi inserite valutazioni ulteriori relative alla responsabilità omissiva dei soggetti operanti in sistemi collegiali (amministratori e sindaci) e considerazioni nuove in tema di responsabilità degli amministratori nei gruppi di società.
2000
9788832351026
ALESSANDRI A.; PEDRAZZI C.; FOFFANI L.; SEMINARA S.; SPAGNOLO G.
Manuale di diritto penale dell'impresa
Alessandri, Alberto
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