L’Autore dell’articolo, in qualità di curatore del’opera collettanea, propone una premessa al volume ed una ricognizione delle linee di fondo caratterizzanti la discussa riforma del 2002. Addentrandosi nell’analisi l’Autore registra la settorialità e l’inversione metodologica che hanno caratterizzato la riforma. L’anticipazione della porzione penalistica della novella rispetto a quella civilistica si traduce infatti in una scarsa intellegibilità dei precetti e nella velleitaria rincorsa all’autonomia del diritto penale nei confronti del substrato civilistico, in un settore ove gli interessi tutelati sono tutti di pretta formazione normativa. Per altro verso, l’intervento novellistico è nato orfano del necessario collegamento con la riforma del codice penale nella sua parte generale e con la necessaria revisione della sua parte speciale. Ad uno sguardo complessivo, il nuovo diritto penale societario è contrassegnato dalla scarsa innovatività dell’impianto sistematico, che riprende lo schema della Commissione Mirone, a sua volta di mera razionalizzazione dell’esistente, caricandolo di aggiunte in misura tale da snaturarne il profilo ed il senso. La cifra dell’intervento riformatore pare coagularsi nella contrazione dell’area del penalmente rilevante - non accompagnata dalla previsione di valide alternative - ed in un generalizzato abbattimento dei livelli sanzionatori. Le fattispecie hanno mutato aspetto e sostanza per l’introduzione di elementi ulteriori che ne selezionano, limitandola, l’applicazione. Altro rimaneggiamento dell’impianto tradizionale della materia è l’ingresso cospicuo di contravvenzioni, messe in progressione con figure delittuose, rispetto alle quali il passaggio è scandito dal verificarsi del danno patrimoniale. Quest’ultimo elemento - vero filo rosso della riforma - unitamente ad altri indici di patrimonializzazione - procedibilità a querela; meccanismi estintivi della punibilità riconnessi a condotte riparatore o ripristinatorie - generosamente disseminati in quasi tutte le fattispecie del nuovo diritto penale dell’impresa (con la rilevante eccezione degli articoli 2637 e 2638 c.c.) conduce l’interprete a ricostruirne l’oggettività giuridica in termini di tutela di interessi patrimoniali dei singoli avverso lesioni puntuali, con conseguente emarginazione degli interessi diffusi dall’orizzonte degli interessi tutelati. L’attenzione dell’Autore si focalizza a questo punto sulle fattispecie di false comunicazioni sociali, ed al problema della sopravvivenza o meno, nel novero degli interessi tutelati, del bene giuridico “informazione societaria”. Anche in quest’ambito trova conferma la curvatura schiettamente patrimoniale della fattispecie con l’inedita conseguenza dell’inversione dei tradizionali rapporti tra bene intermedio ed interessi finali ove è il primo (l’informazione societaria) a trovare tutela solo indiretta qualora si attualizzi l’offesa ad un bene individuale. Rispetto all’ipotesi contravvenzionale la questione rimanda inevitabilmente al nodo problematico della “alterazione sensibile” e delle “soglie quantitative”: l’Autore osserva come, ad onta di alcune letture correttive proposte in dottrina, l’eventuale “trasparenza” ospitata nell’art. 2621 c.c. risulti subordinata a soglie alla stessa disfunzionali. Il contributo si chiude con un giudizio relativo alla “direzione” della riforma, ove si rileva come da essa sembri potersi evincere che le regole della vita degli affari non meritino per il legislatore un presidio penalistico, e non perché si sia costruita una serie di rimedi alternativi di maggior efficienza, ma perché tutto o quasi è ricondotto nell’ambito di un conflitto patrimoniale, la cui soluzione è caldeggiata in sede diversa da quella giudiziale. Tutto ciò, peraltro, avrebbe l’effetto di spogliare il sottosistema del diritto penale societario della propria specificità rispetto al sistema codicistico dei reati contro il patrimonio, proiettando nel contempo un messaggio di disuguaglianza, collegato ai ridotti livelli sanzionatori.

Alcune considerazioni generali della riforma. - I soggetti. - La confisca. - False comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori. - Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.

ALESSANDRI, ALBERTO
2002

Abstract

L’Autore dell’articolo, in qualità di curatore del’opera collettanea, propone una premessa al volume ed una ricognizione delle linee di fondo caratterizzanti la discussa riforma del 2002. Addentrandosi nell’analisi l’Autore registra la settorialità e l’inversione metodologica che hanno caratterizzato la riforma. L’anticipazione della porzione penalistica della novella rispetto a quella civilistica si traduce infatti in una scarsa intellegibilità dei precetti e nella velleitaria rincorsa all’autonomia del diritto penale nei confronti del substrato civilistico, in un settore ove gli interessi tutelati sono tutti di pretta formazione normativa. Per altro verso, l’intervento novellistico è nato orfano del necessario collegamento con la riforma del codice penale nella sua parte generale e con la necessaria revisione della sua parte speciale. Ad uno sguardo complessivo, il nuovo diritto penale societario è contrassegnato dalla scarsa innovatività dell’impianto sistematico, che riprende lo schema della Commissione Mirone, a sua volta di mera razionalizzazione dell’esistente, caricandolo di aggiunte in misura tale da snaturarne il profilo ed il senso. La cifra dell’intervento riformatore pare coagularsi nella contrazione dell’area del penalmente rilevante - non accompagnata dalla previsione di valide alternative - ed in un generalizzato abbattimento dei livelli sanzionatori. Le fattispecie hanno mutato aspetto e sostanza per l’introduzione di elementi ulteriori che ne selezionano, limitandola, l’applicazione. Altro rimaneggiamento dell’impianto tradizionale della materia è l’ingresso cospicuo di contravvenzioni, messe in progressione con figure delittuose, rispetto alle quali il passaggio è scandito dal verificarsi del danno patrimoniale. Quest’ultimo elemento - vero filo rosso della riforma - unitamente ad altri indici di patrimonializzazione - procedibilità a querela; meccanismi estintivi della punibilità riconnessi a condotte riparatore o ripristinatorie - generosamente disseminati in quasi tutte le fattispecie del nuovo diritto penale dell’impresa (con la rilevante eccezione degli articoli 2637 e 2638 c.c.) conduce l’interprete a ricostruirne l’oggettività giuridica in termini di tutela di interessi patrimoniali dei singoli avverso lesioni puntuali, con conseguente emarginazione degli interessi diffusi dall’orizzonte degli interessi tutelati. L’attenzione dell’Autore si focalizza a questo punto sulle fattispecie di false comunicazioni sociali, ed al problema della sopravvivenza o meno, nel novero degli interessi tutelati, del bene giuridico “informazione societaria”. Anche in quest’ambito trova conferma la curvatura schiettamente patrimoniale della fattispecie con l’inedita conseguenza dell’inversione dei tradizionali rapporti tra bene intermedio ed interessi finali ove è il primo (l’informazione societaria) a trovare tutela solo indiretta qualora si attualizzi l’offesa ad un bene individuale. Rispetto all’ipotesi contravvenzionale la questione rimanda inevitabilmente al nodo problematico della “alterazione sensibile” e delle “soglie quantitative”: l’Autore osserva come, ad onta di alcune letture correttive proposte in dottrina, l’eventuale “trasparenza” ospitata nell’art. 2621 c.c. risulti subordinata a soglie alla stessa disfunzionali. Il contributo si chiude con un giudizio relativo alla “direzione” della riforma, ove si rileva come da essa sembri potersi evincere che le regole della vita degli affari non meritino per il legislatore un presidio penalistico, e non perché si sia costruita una serie di rimedi alternativi di maggior efficienza, ma perché tutto o quasi è ricondotto nell’ambito di un conflitto patrimoniale, la cui soluzione è caldeggiata in sede diversa da quella giudiziale. Tutto ciò, peraltro, avrebbe l’effetto di spogliare il sottosistema del diritto penale societario della propria specificità rispetto al sistema codicistico dei reati contro il patrimonio, proiettando nel contempo un messaggio di disuguaglianza, collegato ai ridotti livelli sanzionatori.
2002
9788821716409
AA.VV A CURA DI A. ALESSANDRI
Il nuovo diritto penale delle società
Alessandri, Alberto
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11565/52969
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