Lo scritto prende le mosse dalla constatazione di una scarna giurisprudenza sugli artt. 508-509 c.p. a fronte di una cronaca che sembra invece presentare molte più ipotesi ascrivibili a tali fattispecie. Non sarebbe corretto parlare di cifra oscura, perché anzi le vicende in questione hanno un’alta risonanza, rappresentando il momento più acuto del cd. conflitto industriale. L’occupazione di aziende costituisce la modalità espressiva più fragorosa del diritto di sciopero. La formulazione delle fattispecie risente naturalmente del difficile clima storico che ne ha visto i natali. In particolare le figure di cui all’art. 508 appartengono chiaramente a quello che era il disegno istituzionale del corporativismo, rintracciabile negli artt. 503-512 c.p. prima del 1944. Denota queste figure un utilizzo marcato del dolo specifico, che spesso condensa su di sé l’intero disvalore penale. Matrice comune di queste fattispecie è la scelta di penalizzare lo sciopero. A seguito del riconoscimento dello sciopero come diritto ci si chiede oggi quale ruolo rivesta l’art. 508 c.p. Se gli artt. 39-40 Cost. hanno sancito la dissoluzione del sistema repressivo dello sciopero, la Corte Costituzionale ha contribuito allo smantellamento del vecchio sistema repressivo con diverse pronunce. La cornice di riferimento dell’art. 508 c.p. è dunque profondamente mutata. L’avvento dell’art. 40 Cost. non rende tuttavia di per sé lecita qualunque compromissione di beni giuridici che avvenga in occasione di conflitti sindacali. Nel qual caso si dovranno però sfruttare le fattispecie offerte dal diritto penale comune, non caratterizzate nel tipo legale dalla presenza dello sciopero. Ciò posto l’Autore analizza l’interpretazione data dalla Corte Costituzionale delle fattispecie residue. Questa le ha sostanzialmente riplasmate, mutandone i beni giuridici tutelati e costruendo una plurioffensività che crea tuttavia problemi di indeterminatezza. L’uso del bene giuridico quale strumento che giustifica o addirittura rende obbligatorio l’intervento penale è inoltre assai censurabile. La Corte valorizza poi in modo eccessivo il dolo specifico, concentrando l’incriminazione sull’intenzione soggettiva dell’agente. Nel complesso l’opera della Corte di adeguamento delle vecchie fattispecie ai nuovi principi è giudicata dall’Autore forzata. Lo scritto muove poi alla valutazione della liceità della condotta di cui all’art. 508 c.p. sotto i profili della causa di giustificazione della legittima difesa e di quella dell’esercizio di un diritto. Manifestate le proprie perplessità su tali ipotesi, l’Autore cerca infine di ricostruire il fatto tipico descritto dall’art. 508, interrogandosi in particolare sul ruolo del dolo specifico del fine di turbativa dello svolgimento del lavoro.

Occupazione e invasione di aziende e sabotaggio

ALESSANDRI, ALBERTO
1994

Abstract

Lo scritto prende le mosse dalla constatazione di una scarna giurisprudenza sugli artt. 508-509 c.p. a fronte di una cronaca che sembra invece presentare molte più ipotesi ascrivibili a tali fattispecie. Non sarebbe corretto parlare di cifra oscura, perché anzi le vicende in questione hanno un’alta risonanza, rappresentando il momento più acuto del cd. conflitto industriale. L’occupazione di aziende costituisce la modalità espressiva più fragorosa del diritto di sciopero. La formulazione delle fattispecie risente naturalmente del difficile clima storico che ne ha visto i natali. In particolare le figure di cui all’art. 508 appartengono chiaramente a quello che era il disegno istituzionale del corporativismo, rintracciabile negli artt. 503-512 c.p. prima del 1944. Denota queste figure un utilizzo marcato del dolo specifico, che spesso condensa su di sé l’intero disvalore penale. Matrice comune di queste fattispecie è la scelta di penalizzare lo sciopero. A seguito del riconoscimento dello sciopero come diritto ci si chiede oggi quale ruolo rivesta l’art. 508 c.p. Se gli artt. 39-40 Cost. hanno sancito la dissoluzione del sistema repressivo dello sciopero, la Corte Costituzionale ha contribuito allo smantellamento del vecchio sistema repressivo con diverse pronunce. La cornice di riferimento dell’art. 508 c.p. è dunque profondamente mutata. L’avvento dell’art. 40 Cost. non rende tuttavia di per sé lecita qualunque compromissione di beni giuridici che avvenga in occasione di conflitti sindacali. Nel qual caso si dovranno però sfruttare le fattispecie offerte dal diritto penale comune, non caratterizzate nel tipo legale dalla presenza dello sciopero. Ciò posto l’Autore analizza l’interpretazione data dalla Corte Costituzionale delle fattispecie residue. Questa le ha sostanzialmente riplasmate, mutandone i beni giuridici tutelati e costruendo una plurioffensività che crea tuttavia problemi di indeterminatezza. L’uso del bene giuridico quale strumento che giustifica o addirittura rende obbligatorio l’intervento penale è inoltre assai censurabile. La Corte valorizza poi in modo eccessivo il dolo specifico, concentrando l’incriminazione sull’intenzione soggettiva dell’agente. Nel complesso l’opera della Corte di adeguamento delle vecchie fattispecie ai nuovi principi è giudicata dall’Autore forzata. Lo scritto muove poi alla valutazione della liceità della condotta di cui all’art. 508 c.p. sotto i profili della causa di giustificazione della legittima difesa e di quella dell’esercizio di un diritto. Manifestate le proprie perplessità su tali ipotesi, l’Autore cerca infine di ricostruire il fatto tipico descritto dall’art. 508, interrogandosi in particolare sul ruolo del dolo specifico del fine di turbativa dello svolgimento del lavoro.
1994
9788802048079
AA. VV
DIGESTO DISCIPLINE PENALISTICHE
Alessandri, Alberto
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11565/52964
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