L’articolo propone una lettura dei temi più scottanti ed attuali connessi al ricorso al diritto penale nella regolazione dell’attività d’impresa lecita. Il primo problema che si pone è certamente quello del ruolo del diritto penale, o più genericamente, punitivo nella regolazione dell’economia. In questo settore, lo schema di azione fondamentalmente razionale dell’uomo economico comporta una valutazione comparata dei costi-benefici, che ha portato ad alcune interessanti stimolazioni culturali provenienti dagli studiosi di Law and Economics, soprattutto sotto il profilo dell’attenzione all’effettività e all’efficienza. Unico vero limite ad una valutazione in questi termini del sistema punitivo è l’ignoranza totale del dato empirico che si riscontra nel settore penalistico e diffusamente in quello della criminalità economica. In assenza di indicazioni provenienti dalla law in action, non resta che interrogarsi, almeno in teoria, sul problema dell’individuazione dei beni giuridici che si ritengono meritevoli di una salvaguardia estrema quale è quella posta dalla sanzione penale. Il problema si gioca anche sulle effettive capacità delle norme punitive di disincentivare comportamenti aggressivi, valutazione da svolgere in concreto tenendo conto delle ciance di effettivo enforcement. In questo senso, appare primaria la riflessione circa il paradigma punitivo da scegliere, e circa il criterio di selezione dei protagonisti da adottare (persone fisiche o anche persone giuridiche): il legislatore italiano ha effettuato una scelta chiara, ancorchè più sfumata, verso il paradigma penale amministrativo in materia di responsabilità degli enti con il d.lgs. 231 del 2001. Premessa necessaria per individuare lo spazio del sistema penale, è quello di coordinarne l’operatività con gli altri strumenti punitivi che l’ordinamento pone a disposizione per fronteggiare le esternalità negative dell’attività di impresa. L’inventario inizia naturalmente dalla sanzione amministrativa: la necessità di un coordinamento si rende necessaria per evitare il sostanziale bis in idem di sanzioni afflittive per lo stesso fatto. Delineato quindi lo spazio della sanzione penale, molti sono i temi che si pongono all’interprete. L’autore analizza le diverse tipologie sanzionatorie, richiamando la necessità di aprire un’ampia riflessione sulla sua attuale disciplina nel nostro ordinamento e sulle sue potenzialità nell’ambito dell’attività economica, ove apparirebbe come sanzione ‘ideale’, se opportunamente implementata e commisurata. Altre questioni assai dibattute nel settore del diritto penale dell’impresa sono quelle collegate al diritto penale del rischio, al problema della ‘precauzione’, alla natura generalmente plurisoggettiva dei reati d’impresa, che implica spesso difficoltà estreme nell’individuazione di colui che effettivamente merita la punizione. Di fronte a tutta questa complessità di questioni, la vigilanza penalistica sull’economia e sul mondo delle imprese dovrebbe forse avviarsi al tramonto. Vi è però un complesso, difficile compito di manutenzione dei valori che non sembra possa essere avviato senza il supporto della minaccia penalistica, magari graduata e flessibile in fase sanzionatoria concreta. La tutela di beni strumentali è una possibilità che andrebbe ri-esplorata. Sicuramente valido il ricorso al modello ingiunzionale. La responsabilità delle persone giuridiche sembra infine il passaggio cruciale per una riscrittura delle regole in campo economico.

Attività d’impresa e responsabilità penali, (Relazione svolta al Convegno per il XXX anniversario della fondazione della rivista Giurisprudenza Commerciale, svoltosi a Bologna l’ 8-9 ottobre 2004)

ALESSANDRI, ALBERTO
2005

Abstract

L’articolo propone una lettura dei temi più scottanti ed attuali connessi al ricorso al diritto penale nella regolazione dell’attività d’impresa lecita. Il primo problema che si pone è certamente quello del ruolo del diritto penale, o più genericamente, punitivo nella regolazione dell’economia. In questo settore, lo schema di azione fondamentalmente razionale dell’uomo economico comporta una valutazione comparata dei costi-benefici, che ha portato ad alcune interessanti stimolazioni culturali provenienti dagli studiosi di Law and Economics, soprattutto sotto il profilo dell’attenzione all’effettività e all’efficienza. Unico vero limite ad una valutazione in questi termini del sistema punitivo è l’ignoranza totale del dato empirico che si riscontra nel settore penalistico e diffusamente in quello della criminalità economica. In assenza di indicazioni provenienti dalla law in action, non resta che interrogarsi, almeno in teoria, sul problema dell’individuazione dei beni giuridici che si ritengono meritevoli di una salvaguardia estrema quale è quella posta dalla sanzione penale. Il problema si gioca anche sulle effettive capacità delle norme punitive di disincentivare comportamenti aggressivi, valutazione da svolgere in concreto tenendo conto delle ciance di effettivo enforcement. In questo senso, appare primaria la riflessione circa il paradigma punitivo da scegliere, e circa il criterio di selezione dei protagonisti da adottare (persone fisiche o anche persone giuridiche): il legislatore italiano ha effettuato una scelta chiara, ancorchè più sfumata, verso il paradigma penale amministrativo in materia di responsabilità degli enti con il d.lgs. 231 del 2001. Premessa necessaria per individuare lo spazio del sistema penale, è quello di coordinarne l’operatività con gli altri strumenti punitivi che l’ordinamento pone a disposizione per fronteggiare le esternalità negative dell’attività di impresa. L’inventario inizia naturalmente dalla sanzione amministrativa: la necessità di un coordinamento si rende necessaria per evitare il sostanziale bis in idem di sanzioni afflittive per lo stesso fatto. Delineato quindi lo spazio della sanzione penale, molti sono i temi che si pongono all’interprete. L’autore analizza le diverse tipologie sanzionatorie, richiamando la necessità di aprire un’ampia riflessione sulla sua attuale disciplina nel nostro ordinamento e sulle sue potenzialità nell’ambito dell’attività economica, ove apparirebbe come sanzione ‘ideale’, se opportunamente implementata e commisurata. Altre questioni assai dibattute nel settore del diritto penale dell’impresa sono quelle collegate al diritto penale del rischio, al problema della ‘precauzione’, alla natura generalmente plurisoggettiva dei reati d’impresa, che implica spesso difficoltà estreme nell’individuazione di colui che effettivamente merita la punizione. Di fronte a tutta questa complessità di questioni, la vigilanza penalistica sull’economia e sul mondo delle imprese dovrebbe forse avviarsi al tramonto. Vi è però un complesso, difficile compito di manutenzione dei valori che non sembra possa essere avviato senza il supporto della minaccia penalistica, magari graduata e flessibile in fase sanzionatoria concreta. La tutela di beni strumentali è una possibilità che andrebbe ri-esplorata. Sicuramente valido il ricorso al modello ingiunzionale. La responsabilità delle persone giuridiche sembra infine il passaggio cruciale per una riscrittura delle regole in campo economico.
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