Nella prima parte dell’articolo, dopo aver argomentato in merito alla equivalenza tra le nozioni di elusione fiscale e abuso del diritto, e aver ricostruito le origini e l’evoluzione di questo nuovo principio di matrice giurisprudenziale, s’illustrano le ragioni per cui l’art. 53 Cost. non è idoneo a costituire fondamento giuridico di un principio generale antiabuso non scritto, in considerazione anche del ruolo, non obliterabile per via interpretativa, che è attribuito nel sistema all’art. 23 Cost.; e si denunciano, in stretta correlazione, gli effetti che la soluzione criticata produce in termini di violazione dei principi, anch’essi costituzionalmente garantiti, di certezza del diritto, affidamento e diritto di difesa. Nella seconda parte si ricostruiscono i connotati strutturali della nozione di abuso del diritto forgiata dalle Sezioni Unite, e chiarita dalla successiva giurisprudenza di legittimità, evidenziando, innanzitutto, la sua omogeneità con la nozione di matrice comunitaria ma anche con il concetto di elusione contenuto nell’art. 37-bis, e i susseguenti potenziali benefici ai fini interpretativi; in secondo luogo, la fissazione, in modo netto e inequivocabile, della distinzione tra lecito risparmio d’imposta, non censurabile, ed elusione fiscale o abuso del diritto, contestabile; in terzo luogo, un’articolazione dell’onere della prova che impone, dapprima, all’Ufficio la motivazione e dimostrazione del presunto abuso, mediante il riferimento ad altra condotta comparabile sotto il profilo economico-giuridico; e, dopo (e solo dopo), al contribuente l’allegazione delle ragioni extrafiscali in grado di sostenere e giustificare la condotta posta in essere, le quali devono essere predominanti e assorbenti rispetto alle ragioni tributarie, e si configurano alla stregua di un’esimente, una scriminate idonea a legittimare l’operazione astrattamente censurabile. Da ultimo, si accenna al delicato problema della sanzionabilità sul piano amministrativo delle condotte in violazione del divieto di abuso, escludendola essenzialmente per motivi riconducibili ai principi generali del diritto punitivo ma evidenziando anche come la prima giurisprudenza nota abbia battuto la strada delle “obiettive condizioni di incertezza” per raggiungere il risultato della non punibilità della condotta specifica.

Il divieto di abuso del diritto fiscale: profili evolutivi, (asseriti) fondamenti giuridici e connotati strutturali

CONTRINO, ANGELO
2009

Abstract

Nella prima parte dell’articolo, dopo aver argomentato in merito alla equivalenza tra le nozioni di elusione fiscale e abuso del diritto, e aver ricostruito le origini e l’evoluzione di questo nuovo principio di matrice giurisprudenziale, s’illustrano le ragioni per cui l’art. 53 Cost. non è idoneo a costituire fondamento giuridico di un principio generale antiabuso non scritto, in considerazione anche del ruolo, non obliterabile per via interpretativa, che è attribuito nel sistema all’art. 23 Cost.; e si denunciano, in stretta correlazione, gli effetti che la soluzione criticata produce in termini di violazione dei principi, anch’essi costituzionalmente garantiti, di certezza del diritto, affidamento e diritto di difesa. Nella seconda parte si ricostruiscono i connotati strutturali della nozione di abuso del diritto forgiata dalle Sezioni Unite, e chiarita dalla successiva giurisprudenza di legittimità, evidenziando, innanzitutto, la sua omogeneità con la nozione di matrice comunitaria ma anche con il concetto di elusione contenuto nell’art. 37-bis, e i susseguenti potenziali benefici ai fini interpretativi; in secondo luogo, la fissazione, in modo netto e inequivocabile, della distinzione tra lecito risparmio d’imposta, non censurabile, ed elusione fiscale o abuso del diritto, contestabile; in terzo luogo, un’articolazione dell’onere della prova che impone, dapprima, all’Ufficio la motivazione e dimostrazione del presunto abuso, mediante il riferimento ad altra condotta comparabile sotto il profilo economico-giuridico; e, dopo (e solo dopo), al contribuente l’allegazione delle ragioni extrafiscali in grado di sostenere e giustificare la condotta posta in essere, le quali devono essere predominanti e assorbenti rispetto alle ragioni tributarie, e si configurano alla stregua di un’esimente, una scriminate idonea a legittimare l’operazione astrattamente censurabile. Da ultimo, si accenna al delicato problema della sanzionabilità sul piano amministrativo delle condotte in violazione del divieto di abuso, escludendola essenzialmente per motivi riconducibili ai principi generali del diritto punitivo ma evidenziando anche come la prima giurisprudenza nota abbia battuto la strada delle “obiettive condizioni di incertezza” per raggiungere il risultato della non punibilità della condotta specifica.
2009
Contrino, Angelo
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