Il contributo è dedicato all’analisi della fattispecie delineata dall’articolo 2622 c.c. (nella versione originariamente introdotta dal legislatore delegato del 2002). Com’è noto la norma si presenta frammentata in due ipotesi, con rilevanti conseguenze sul piano della severità della sanzione e della procedibilità, sulla base del dato formale della quotazione della società nella quale sono inseriti gli autori del reato. L’Autore rileva come partizioni formali e su base volontaristica non siano, di per sé, indicative di una maggiore esigenza di informazione e - quindi - di una sua maggior tutela, riscontrandosi piuttosto tali esigenze in relazione al dato fattuale del ricorso al capitale di rischio e al pubblico risparmio; tali considerazioni, peraltro, assumerebbero maggior conferenza rispetto ad un reato di pericolo. L’analisi prosegue con un’articolata ricostruzione del bene giuridico protetto - in generale - dal nuovo frammentato sistema delle false comunicazioni sociali, anche in considerazione delle ricadute che se ne sono tratte in tema di diritto transitorio: oggettività differenziate (come sostenuto nella Relazione governativa: tutela dell’informazione societaria come bene intermedio affidata alla figura contravvenzionale e curvatura esclusivamente privatistico-patrimoniale per l’ipotesi delittuosa) o espunzione totale dell’informazione societaria dalla cifra offensiva del nuovo sistema di incriminazioni? Quanto all’art. 2621 - fattispecie posta ai margini del sistema punitivo ed ulteriormente delimitata dalla previsione di soglie quantitative - anche a voler parlare di tutela della trasparenza, essa sembra divenuta poca cosa sul piano della serietà del presidio. Quanto alle ipotesi delittuose, che pure alcune posizioni dottrinali vorrebbero posta a tutela anche dell’informazione societaria, la previsione della querela (in caso di società non quotata) e la centralità dell’evento di danno nella struttura della fattispecie (in ogni caso) tratteggiano una lesività di tipo privatistico: la tutela del bene intermedio è meramente accidentale, condizionata com’è al verificarsi del pregiudizio al patrimonio individuale. Successivamente l’Autore si sofferma sulle note strutturali della condotta: nell’ambito di una fattispecie costruita in modo “additivo” rispetto alla fattispecie di pericolo dell’art. 2621, l’inserimento dell’evento di danno ne scardina l’architettura interna. Se la riproposizione delle soglie non può che spingere l’interprete a prendere atto che anche la tutela patrimoniale è subordinata a determinate condizioni, rappresentate dalle dimensioni quantitative del mendacio, per altro verso l’affinità strutturale della fattispecie con la truffa, rilevata da una parte della dottrina, sconta il silenzio serbato dalla norma sul rapporto tra la condotta mendace e artificiosa ed il danno, dal momento che l’errore-inganno è descritto in termini di mera potenzialità. Appare allora preferibile, per contenere inaspettate dilatazioni della figura, mantenere ferma l’esigenza di un legame preciso e provato tra l’attività ingannatoria ed il danno. L’autore affronta infine i temi del significato sistematico della previsione della procedibilità a querela e della dialettica applicativa tra ipotesi contravvenzionale, procedibile d’ufficio, e delittuosa, procedibile a querela.

False comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori

ALESSANDRI, ALBERTO
2002

Abstract

Il contributo è dedicato all’analisi della fattispecie delineata dall’articolo 2622 c.c. (nella versione originariamente introdotta dal legislatore delegato del 2002). Com’è noto la norma si presenta frammentata in due ipotesi, con rilevanti conseguenze sul piano della severità della sanzione e della procedibilità, sulla base del dato formale della quotazione della società nella quale sono inseriti gli autori del reato. L’Autore rileva come partizioni formali e su base volontaristica non siano, di per sé, indicative di una maggiore esigenza di informazione e - quindi - di una sua maggior tutela, riscontrandosi piuttosto tali esigenze in relazione al dato fattuale del ricorso al capitale di rischio e al pubblico risparmio; tali considerazioni, peraltro, assumerebbero maggior conferenza rispetto ad un reato di pericolo. L’analisi prosegue con un’articolata ricostruzione del bene giuridico protetto - in generale - dal nuovo frammentato sistema delle false comunicazioni sociali, anche in considerazione delle ricadute che se ne sono tratte in tema di diritto transitorio: oggettività differenziate (come sostenuto nella Relazione governativa: tutela dell’informazione societaria come bene intermedio affidata alla figura contravvenzionale e curvatura esclusivamente privatistico-patrimoniale per l’ipotesi delittuosa) o espunzione totale dell’informazione societaria dalla cifra offensiva del nuovo sistema di incriminazioni? Quanto all’art. 2621 - fattispecie posta ai margini del sistema punitivo ed ulteriormente delimitata dalla previsione di soglie quantitative - anche a voler parlare di tutela della trasparenza, essa sembra divenuta poca cosa sul piano della serietà del presidio. Quanto alle ipotesi delittuose, che pure alcune posizioni dottrinali vorrebbero posta a tutela anche dell’informazione societaria, la previsione della querela (in caso di società non quotata) e la centralità dell’evento di danno nella struttura della fattispecie (in ogni caso) tratteggiano una lesività di tipo privatistico: la tutela del bene intermedio è meramente accidentale, condizionata com’è al verificarsi del pregiudizio al patrimonio individuale. Successivamente l’Autore si sofferma sulle note strutturali della condotta: nell’ambito di una fattispecie costruita in modo “additivo” rispetto alla fattispecie di pericolo dell’art. 2621, l’inserimento dell’evento di danno ne scardina l’architettura interna. Se la riproposizione delle soglie non può che spingere l’interprete a prendere atto che anche la tutela patrimoniale è subordinata a determinate condizioni, rappresentate dalle dimensioni quantitative del mendacio, per altro verso l’affinità strutturale della fattispecie con la truffa, rilevata da una parte della dottrina, sconta il silenzio serbato dalla norma sul rapporto tra la condotta mendace e artificiosa ed il danno, dal momento che l’errore-inganno è descritto in termini di mera potenzialità. Appare allora preferibile, per contenere inaspettate dilatazioni della figura, mantenere ferma l’esigenza di un legame preciso e provato tra l’attività ingannatoria ed il danno. L’autore affronta infine i temi del significato sistematico della previsione della procedibilità a querela e della dialettica applicativa tra ipotesi contravvenzionale, procedibile d’ufficio, e delittuosa, procedibile a querela.
2002
9788821716409
AA. VV. A cura di A. Alessandri
Il nuovo diritto penale delle società. D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61
Alessandri, Alberto
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11565/1554191
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