Studi recenti ci dicono che la creatività è sempre più considerata elemento di vantaggio competitivo, risorsa che definisce un differenziale difficilmente imitabile e sostenibile nel tempo (Oldham & Cummings, 1996; Scott & Bruce, 1994). Le ultimissime ricerche internazionali precisano anche che la creatività non è solo una dote di personalità individuale (legata al singolo carattere, ai fattori cognitivi, alla biologia della persona), ma è anche un processo sociale, influenzato dalle caratteristiche del contesto in cui gli individui operano. Shalley e Perry-Smith (2003) evidenziano che, utilizzando le reti sociali in cui sono immerse, le persone hanno accesso a una maggiore varietà di idee e soluzioni e sono nelle condizioni di attivare più facilmente le connessioni che favoriscono i processi di innovazione. Dopo un lungo periodo di tempo in cui la creatività è stata studiata come caratteristica individuale, ora l'attenzione degli studiosi si è spostata sull'influenza che le città e gli ambiti urbani esercitano sulla generazione di creatività nei perimetri metropolitani: le qualità delle città possono influire in misura rilevante sulla espressione di creatività dei cittadini. La genialità dei singoli non basta ed è preferibile avere molte aggregazioni di professionisti mediamente immaginativi piuttosto che pochi individui che svettano per la loro eccezionale creatività. Con una ricerca empirica svolta negli Stati Uniti, che ha avuto il pregio di attivare inizialmente questo filone di ricerca, Richard Florida (2002) sostiene che l'insieme dei professionisti creativi - definiti come "classe creativa" - viene attratto da distretti geografici caratterizzati da tecnologia, talento e tolleranza (le tre T). Successivamente Cappetta, Carlone e Salvemini (2005) hanno provato che in Italia i fattori di attrazione tipici del contesto statunitense non sempre spiegano la concentrazione dei professionisti creativi, inserendo invece altre due variabili caratteristiche del contesto urbano a elevata correlazione con la presenza di talenti creativi sul territorio: la presenza di un patrimonio simbolico evoluto e la vivacità dell'offerta culturale e di spettacolo (le due S). Questi studi rimarcano come la presenza (o l'assenza) di professionisti creativi nelle città finisca per essere elemento di attrazione di altri talenti creativi, in un circolo virtuoso (o vizioso nel caso di assenza e di scarsa attrazione) che alimenta il livello di innovazione territoriale. Si sta parlando di professionisti che rappresentano circa il 30% della nuova forza lavoro e che coinvolgono scienziati, architetti, esperti di finanza, tecnologia e marketing, stilisti, scrittori, giornalisti, designer, artisti e in generale tutti coloro che sono retribuiti per i prodotti del loro pensiero e che fanno della capacità di immaginazione il cardine della propria professione. Produrre qualcosa di creativo è un comportamento complementare a produrre qualcosa di abituale: ogni persona o ogni gruppo organizzato attua alternativamente e con frequenza diversa comportamenti creativi e comportamenti conformistici. E anche per le professioni si può sostenere lo stesso: non è semplice identificare professioni che producono solo risultati creativi in opposizione a professioni che producono solo risultati standardizzati. In ogni attività, sia artistica sia operativa, può esplicitarsi il momento creativo generatore di novità. Ciò nonostante è possibile affermare che alcune professioni sono caratterizzate da una maggiore frequenza di comportamenti di generazione di novità e queste professioni sono definibili come creative.

Per una Milano più creativa.

CAPPETTA, ROSSELLA;SALVEMINI, SEVERINO
2006

Abstract

Studi recenti ci dicono che la creatività è sempre più considerata elemento di vantaggio competitivo, risorsa che definisce un differenziale difficilmente imitabile e sostenibile nel tempo (Oldham & Cummings, 1996; Scott & Bruce, 1994). Le ultimissime ricerche internazionali precisano anche che la creatività non è solo una dote di personalità individuale (legata al singolo carattere, ai fattori cognitivi, alla biologia della persona), ma è anche un processo sociale, influenzato dalle caratteristiche del contesto in cui gli individui operano. Shalley e Perry-Smith (2003) evidenziano che, utilizzando le reti sociali in cui sono immerse, le persone hanno accesso a una maggiore varietà di idee e soluzioni e sono nelle condizioni di attivare più facilmente le connessioni che favoriscono i processi di innovazione. Dopo un lungo periodo di tempo in cui la creatività è stata studiata come caratteristica individuale, ora l'attenzione degli studiosi si è spostata sull'influenza che le città e gli ambiti urbani esercitano sulla generazione di creatività nei perimetri metropolitani: le qualità delle città possono influire in misura rilevante sulla espressione di creatività dei cittadini. La genialità dei singoli non basta ed è preferibile avere molte aggregazioni di professionisti mediamente immaginativi piuttosto che pochi individui che svettano per la loro eccezionale creatività. Con una ricerca empirica svolta negli Stati Uniti, che ha avuto il pregio di attivare inizialmente questo filone di ricerca, Richard Florida (2002) sostiene che l'insieme dei professionisti creativi - definiti come "classe creativa" - viene attratto da distretti geografici caratterizzati da tecnologia, talento e tolleranza (le tre T). Successivamente Cappetta, Carlone e Salvemini (2005) hanno provato che in Italia i fattori di attrazione tipici del contesto statunitense non sempre spiegano la concentrazione dei professionisti creativi, inserendo invece altre due variabili caratteristiche del contesto urbano a elevata correlazione con la presenza di talenti creativi sul territorio: la presenza di un patrimonio simbolico evoluto e la vivacità dell'offerta culturale e di spettacolo (le due S). Questi studi rimarcano come la presenza (o l'assenza) di professionisti creativi nelle città finisca per essere elemento di attrazione di altri talenti creativi, in un circolo virtuoso (o vizioso nel caso di assenza e di scarsa attrazione) che alimenta il livello di innovazione territoriale. Si sta parlando di professionisti che rappresentano circa il 30% della nuova forza lavoro e che coinvolgono scienziati, architetti, esperti di finanza, tecnologia e marketing, stilisti, scrittori, giornalisti, designer, artisti e in generale tutti coloro che sono retribuiti per i prodotti del loro pensiero e che fanno della capacità di immaginazione il cardine della propria professione. Produrre qualcosa di creativo è un comportamento complementare a produrre qualcosa di abituale: ogni persona o ogni gruppo organizzato attua alternativamente e con frequenza diversa comportamenti creativi e comportamenti conformistici. E anche per le professioni si può sostenere lo stesso: non è semplice identificare professioni che producono solo risultati creativi in opposizione a professioni che producono solo risultati standardizzati. In ogni attività, sia artistica sia operativa, può esplicitarsi il momento creativo generatore di novità. Ciò nonostante è possibile affermare che alcune professioni sono caratterizzate da una maggiore frequenza di comportamenti di generazione di novità e queste professioni sono definibili come creative.
2006
Cappetta, Rossella; Salvemini, Severino
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11565/1074191
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